C’è chi si dice “basito”. Chi parla di una classe dirigente “scollegata dalla realtà”, chi di “uscite inopportune”.
La fuga in avanti di Matteo Renzi infiamma il dibattito politico anche nel Partito Democratico comasco.
La ventilata scissione del Pd con l’uscita dell’ormai ex enfant prodige democratico viene vista con grandi timori.
“Mi auguro che non si arrivi a tanto – commenta Federico Broggi, segretario provinciale del Pd – spero che Zingaretti, Renzi e Calenda si chiudano in una stanza ed escano con una linea comune. Anche se, in realtà, il segretario Zingaretti aveva già espresso una linea, andare al voto”. Linea opposta alla proposta lanciata da Renzi.
“Per la nostra classe dirigente – conclude Broggi – troppo spesso l’unità è solamente una parola. Dimostri ora di avere carattere e andare oltre i personalismi. Altrimenti è totalmente scollegata dalla realtà”.
Stefano Fanetti, capogruppo del Pd in consiglio comunale, affida a Facebook una riflessione dai tratti sconsolati. “Io rimango basito- scrive – Sono (stato) renziano: vedevo in Matteo una sorta di brillante e scaltro Prometeo che comprendeva la situazione prima degli altri. Speravo che dopo il referendum (perso con onore) si ritirasse. Evidentemente non avevo capito il personaggio. Eccolo qui ora ad atteggiarsi a leader di un partito nel partito in spregio a ogni basilare regola di convivenza democratica”.
“Ho rispetto dell’opinione di Renzi – conclude Angelo Orsenigo, consigliere regionale del Partito Democratico – ma Renzi dovrebbe rispettare i ruoli: valeva prima nei suoi confronti, quando lui era segretario, vale ora per Zingaretti. L’uscita di Renzi è inopportuna nella forma e nei modi”.