Comodepur liberi subito gli impianti di viale Innocenzo affinché il Comune possa trasferirli a Como Acqua. È questa, in estrema sintesi, il senso della diffida che Palazzo Cernezzi ha consegnato ai vertici della società cui fa capo la gestione del depuratore cittadino. Una ulteriore dichiarazione di guerra, che aggiunge benzina al fuoco acceso ormai da mesi sotto una vicenda dagli esiti davvero imprevedibili.
A metà febbraio Comodepur aveva citato il Comune davanti al Tribunale civile chiedendo 13 milioni di euro «a titolo di valore industriale residuo». Una sorta di indennità di fine concessione, che Palazzo Cernezzi però contesta.
Nel mese di marzo, l’assessore al Bilancio e alle Partecipate Adriano Caldara, aveva poi annunciato in commissione di aver disposto l’accantonamento a titolo prudenziale della cifra indicata da Comodepur, confermando tuttavia la decisione del Comune di costituirsi in giudizio per contrastare le richieste della società di viale Innocenzo.
Il Tribunale ha fissato per novembre la prossima udienza e nella causa potrebbe entrare anche Como Acqua, il gestore unico del ciclo idrico integrato nella provincia lariana, la società alla quale in futuro verrà affidato il depuratore. L’accelerazione della vicenda è stata decisa lunedì scorso dalla giunta del capoluogo sulla base di una relazione presentata dai dirigenti del settore Patrimonio.
La diffida, con ogni probabilità, non avrà alcun seguito. Sembra infatti più che improbabile che il consiglio di amministrazione di Comodepur decida di accogliere le richieste del Comune. E questo per vari motivi. Il primo, riguarda la causa in atto. Ed è necessario tenere in conto il destino dei 24 dipendenti della società. Si può presumere che in futuro essi saranno assorbiti nella pianta organica di Como Acqua, ma questo genere di passaggi ha bisogno di procedure formali che al momento non sono nemmeno state avviate.
Di certo c’è che la diffida inviata dal Comune a Comodepur produrrà un irrigidimento delle posizioni tra le due parti.