E’ attesa per venerdì la sentenza del processo per il presunto controllo della ‘ndrangheta sui locali di Cantù. L’udienza di oggi è stata la seconda interamente dedicata alle difese dei nove imputati, che hanno in gran parte respinto gli addebiti e chiesto l’assoluzione a fronte di richieste di condanna dell’accusa per complessivi oltre 113 anni di carcere.
«Mi venga consentita una battuta: ma se le stesse azioni le avesse compiute il signor Pinco Pallino da Verona, sarebbe stato considerato un capomafia? Perché il cognome e la provenienza, seppur “scomodi”, non bastano per configurare il reato». Questa la sintesi dell’intervento di Tommaso Scanio, legale difensore del principale imputato, Giuseppe Morabito. «Non basta la rappresentazione delle cose per fare un reato, servono le prove – ha aggiunto il legale – Giuseppe Morabito vive a Cantù da 15 anni e se avesse avuto quel ruolo di cui ci avete parlato, di lui avremmo già sentito parlare da un pezzo. Invece aveva solo un cognome pesante e proveniva da una terra di mafia, ma questo non basta per accusare una persona».
Lo stesso avvocato Scanio ha difeso anche altri due imputati, Rocco Depretis e Domenico Staiti, «che hanno già ammesso le cose che hanno sbagliato a compiere, ma che non fanno parte di alcuna associazione malavitosa, non hanno mai preso parte a summit e nemmeno erano nelle vicinanze degli stessi», come ha precisato il legale. Parola oggi anche a Gianluca Crusco, difensore di Gianluca Zuccarello. «La sua, per quello che abbiamo sentito, è una responsabilità “traslata” – ha detto il legale – Non perché avrebbe fatto qualcosa, ma perché stava vicino a qualcuno. Qui non è sotto processo il gruppo di calabresi, ma per quanto ci riguarda è sotto processo Zuccarello e ci dovete dire cosa ha fatto, quando e dove». L’avvocato Oreste Dominioni ha difeso Jacopo Duzioni. «Il mio assistito è cresciuto a Carimate, ha amici di Carimate e nessun rapporto con i Muscatello – ha detto – Non lo conoscono nemmeno e con Morabito si vedevano qualche volta in discoteca come qualsiasi ragazzo, incontri casuali e mai programmati. Siamo lontani mille miglia dal metodo mafioso». «Questo è un territorio di esportazione della ‘ndrangheta – ha concluso l’avvocato Giovanni vecchio per Andrea Scordo – Qui non viene percepita tra la gente come avviene in Calabria. La forza di intimidazione è più bassa, per questo i profili e i fatti vanno valutati molto bene».