Richieste di condanna per complessivi oltre 113 anni, da un minimo di 9 anni e 4 mesi per Luca di Bella a un massimo di 18 anni per Giuseppe Morabito.
Al termine di una requisitoria proseguita per l’intera giornata, il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia Sara Ombra ha presentato il conto ai nove imputati nel processo per il presunto controllo della ‘ndrangheta sui bar e sui locali del centro di Cantù, in particolare di piazza Garibaldi.
Per il magistrato, l’aggravante del metodo mafioso è indiscutibile ed è fondamentale per spiegare quanto accaduto nel cuore della Città del Mobile nei mesi successivi alla gambizzazione, il 10 ottobre del 2015, di Ludovico Muscatello, nipote del boss Salvatore.
“E’ evidente che c’era la paura persino a pronunciare alcuni nomi e alcune parole – scandisce il pubblico ministero – Il fil rouge che tiene insieme tutto è l’omertà. E’ l’effetto didascalico del delitto mafioso, generare paura e consenso”.
Nel mirino del magistrato antimafia le ritrattazioni, durante il processo, di numerosi testimoni. “Abbiamo sentito in aula testimonianze inqualificabili – ripete nella lunga requisitoria – Episodi gravissimi e di violenza inaudita sono stati minimizzati, banalizzati e ridicolizzati. E’ un atteggiamento evidente di paura. Una paura motivata però dai fatti, dalle intimidazioni subite, dall’atteggiamento mafioso degli imputati”.
Tra gli episodi finiti al centro del processo, una bottiglia incendiaria lasciata davanti a un bar, un proiettile sul tetto dell’auto del titolare di un locale, alcuni violenti pestaggi, estorsioni. “A Cantù c’era un evidente clima di intimidazione e paura diretta e indiretta – conclude Sara Ombra – I baristi sapevano perfettamente che si trattava di persone legate alla ‘ndrangheta che volevano entrare nella gestione degli affari della città”.
Nelle prossime due udienze, la parola passerà alle difese degli imputati. La sentenza è attesa entro Pasqua. All’uscita dall’aula, il presidente della commissione antimafia regionale Monica Forte è stata contestata da alcuni tra i familiari degli imputati, con qualche momento di tensione. Si è poi allontanato con la scorta.