<Abbiamo deciso di non sopportare oltre>. L’ennesima puntata speciale de “Le Iene” sulla strage di Erba è stata la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso e i fratelli Pietro e Beppe Castagna hanno deciso di rispondere. <Abbiamo dato incarico al nostro legale – dicono – di perseguire ogni diffamazione, specie se insinuante>.
La famiglia Castagna è stata duramente segnata dalla mattanza dell’11 dicembre 2006. <A dodici anni da un dramma che ha strappato nel sangue la nostra famiglia – togliendoci nostra madre, nostra sorella e Youssef, con anche il sacrificio della signora Cherubini e segnando per sempre le nostre vite – dicono Pietro e Beppe – dopo 3 gradi di giudizio seguiti con dolorosa pazienza in ogni udienza, interrogatorio, analisi di prove; dopo 3 sentenze di colpevolezza ormai definitive; vorremmo solo vivere le nostre vite>.
Per anni, sull’esempio di papà Carlo, i fratelli Castagna hanno scelto il silenzio. <Da aprile dello scorso però siamo stati fatti oggetto di un’incredibile e ingiusta campagna di sospetti, con azioni radio-televisive rivolte non a una asserita verità e nemmeno ad un esercizio sterile di revisione di prove già spese ed a processi ormai esauriti, ma ad insinuare nel pubblico un sospetto infame su Pietro – scrivono in un comunicato Pietro e Beppe – L’insinuazione, tanto più fintamente celata, è ancora più grave di una accusa plateale: semina il dubbio e rovina per sempre chi, così, è vittima due volte>.
Dopo la puntata speciale della trasmissione di Italia1, la decisione di passare al contrattacco. <Chiediamo giustizia a chi è chiamato per ruolo ad affermarla – dicono Pietro e Beppe – La trasmissione non si è limitata a una discutibile affermazione di innocenza, ma si è abbandonata a subdole insinuazioni di colpevolezza, inaccettabili, per la gravità assoluta del crimine anche solo avvicinato a Pietro>.
<Crediamo con fermezza che le responsabilità si facciano valere nelle aule di giustizia – concludono Pietro e Beppe Castagna – Per questo affideremo ai giudici la valutazione su ogni affermazione diffamante, tanto più se insinuata. Il dolore resta, ma il rispetto di ruoli, funzioni, lavoro e persone va difeso>.