Silenzio e omertà dettati dalla paura di vendette e ritorsioni. La mano della ‘ndrangheta sui locali del cuore di Cantù nelle parole dei primi testimoni ascoltati oggi in tribunale a Como nell’ambito del processo con nove imputati per le attività criminali nella Città nel Mobile. Attività che ruotavano attorno ai locali di piazza Garibaldi.
L’accusa, sostenuta dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Sara Ombra, contesta agli imputati vessazioni, minacce e violenze perpetrate per arrivare a controllare le attività economiche attraverso delitti contro il patrimonio e contro l’incolumità individuale delle persone. Episodi culminati nella gambizzazione in strada del nipote del boss a capo della Locale di Mariano Comense nel gennaio del 2016.
“Era risaputo l’ambiente che ruotava attorno a piazza Garibaldi – ha detto un testimone in aula – con questo gruppo di calabresi violenti, prepotenti e poco raccomandabili. Io stesso sono stato vittima di vessazioni, mi buttarono due volte nella fontana di notte, si erano intestati macchine a noleggio a mio nome dopo che avevo denunciato lo smarrimento dei documenti. Non ho mai denunciato perché avevo paura, per me ma anche per i miei parenti”.
Dopo le prime testimonianze, il processo continuerà tra una settimana. Gli imputati, come previsto dalla riforma Orlando, sono collegati in videoconferenza e non sono presenti in aula in Tribunale a Como.
non dobbiamo subire, denunciare anche se si corrono dei rischi. fiducia nelle istituzioni e nei carabinieri sperando in condanne esemplari.