Il salario in euro per i frontalieri non è più un tabù. Una sentenza pronunciata dal Tribunale federale di Losanna rischia di avviare una rivoluzione nei rapporti di lavoro degli italiani impiegati nelle imprese ticinesi. I giudici federali hanno ribaltato due precedenti sentenza del Tribunale del canton Giura e di Sciaffusa, secondo le quali i salari in euro violano gli accordi bilaterali sulla libera circolazione delle persone tra Unione Europea e Svizzera. Oltre a essere illegali in base ai contratti collettivi.
I giudici federali, come detto, hanno dato ragione alle aziende e deciso che i frontalieri pagati in euro a causa del franco forte non hanno diritto ad alcun rimborso. I fatti risalgono al 2011: un’impresa di Sciaffusa aveva avvertito i dipendenti delle difficoltà legate al franco forte e comunicato la decisione di pagare il 70% dei salari in euro a partire dal mese di gennaio 2012.
Un impiegato della stessa azienda, licenziato nel 2014, aveva vinto una causa davanti al Tribunale cantonale. Nel Giura, un’altra azienda aveva nel 2014 instaurato un sistema dinamico che prevedeva il pagamento degli stipendi in euro in funzione delle variazioni del franco rispetto alla moneta unica.
Anche in questo caso, un frontaliere francese aveva chiesto l’intervento del Tribunale del Lavoro e ottenuto nel 2016 oltre 18mila franchi di rimborso per le perdite dovute al salario in euro.
Secondo l’Alta Corte entrambi i lavoratori avevano accettato una modifica contrattuale proprio sui salari in euro. Conoscevano quindi le circostanze particolari nelle quali si iscrivevano le misure, ovvero le gravi difficoltà economiche dei datori di lavoro. Oltre a questo, erano perfettamente a conoscenza del fatto che un salario versato in franchi e convertiti al tasso di cambio effettivo avrebbe garantito un salario in euro più elevato di quello percepito. La sentenza potrebbe ora mettere i frontalieri con le spalle al muro di fronte a proposte di nuovi accordi avanzate dai datori di lavoro.