“Pietro Gilardoni non è un corrotto, non lo è mai stato e mai lo sarà”. I legali dell’ex dirigente del settore Reti del Comune di Como, Luisa Scarrone e Edoardo Pacia, al termine di una lunga arringa hanno chiesto l’assoluzione per Gilardoni, uno dei dodici imputati nel maxi processo per presunte irregolarità nella gestione del cantiere delle paratie e di altre opere pubbliche.
Tra gli imputati, Gilardoni è quello per cui il pubblico ministero Pasquale Addesso ha chiesto la condanna più severa, 9 anni e 6 mesi di reclusione. I difensori hanno respinto ogni addebito, a partire da quello più grave, ovvero la corruzione, reato che non riguarda il cantiere delle paratie ma la questione dei lavori, mai partiti, per l’allargamento di Salita Peltrera.
Nel suo ruolo di dirigente, Gilardoni si è occupato della pratica di Salita Peltrera. Per l’accusa, nell’ambito di questa attività avrebbe ottenuto da un privato coinvolto un altro lavoro da circa 14mila euro come una sorta di tangente per accelerare la pratica. “L’accusa di corruzione – è la tesi difensiva – si fonda solo sull’interpretazione di alcune intercettazioni, oltre che su suggestioni. L’indagine inoltre è partita sull’onda di uno svarione pazzesco, perché l’accusa non sapeva che Gilardoni aveva un rapporto di lavoro a tempo determinato con il Comune e che, con l’autorizzazione del sindaco, poteva svolgere altri incarichi, come aveva già fatto più volte”.
La difesa di Gilardoni ha ripercorso l’intera vicenda, fornendo una ricostruzione completamente diversa rispetto a quella dell’accusa e concludendo con la richiesta di assoluzione per l’ex dirigente di Palazzo Cernezzi. “Dalle intercettazioni emerge chiaramente il no secco di GialrdonI a una ventilata ipotesi di benefici per accelerare la pratica – è uno dei passaggi sottolineati dalla difesa – ma questo passaggio, per quanto chiaro è stato ignorato dall’accusa”.