«Le paratie non le volle il comune di Como. Le volle la Regione Lombardia. E la Regione non è un soggetto eventuale di questa storia, è il dominus del progetto. Sapevano tutto, hanno avallato tutto, mentre il comune doveva essere solo l’attuatore dell’intervento». Regione Lombardia tirata in causa nella nuova udienza del maxi processo su presunte irregolarità nella gestione delle paratie e di altre opere pubbliche. Quella di oggi è stata la seconda giornata dedicata alle arringhe delle difese dopo le richieste della pubblica accusa, che ha invocato pene complessive per oltre 40 anni per i dodici imputati.
«Non esiste e non è mai esistito un disegno doloso per le paratie – ha detto l’avvocato Giuseppe Sassi – Non siamo davanti a una banda di malfattori. Il nostro compito è quello di difendere posizioni di stimati professionisti, di politici, di tecnici qualificati che nulla hanno a che vedere con il malaffare. In questo processo, diciamocelo, si cercava dell’altro, si cercavano le tangenti. Ma non sono state trovate».
«Tutti quelli che hanno operato in questa vicenda, e che ora sono seduti qui, avevano un solo interesse ben chiaro: ultimare l’opera riqualificando un lungolago che aveva aspetti di grossa criticità, il tutto attraverso un intervento disposto dalla Regione».
Poi l’avvocato Sassi ha focalizzato l’attenzione sull’ex sindaco Stefano Bruni: «Non è stata individuata una sola condotta discutibile, nella lunga istruttoria non è stato trovato nulla contro di lui. Colpevole di omessa vigilanza? No, perché la Cassazione a questo riguardo ci dice altro».
«Nessuno in questa vicenda ha nascosto nulla – ha poi proseguito l’avvocato Walter Gatti – Tutto è stato fatto alla luce del sole, davanti a una città intera che sapeva e veniva informata dalla stampa su tutti i passaggi dell’opera. E dietro c’era un soggetto autorevole come la Regione che pressava per andare avanti, dicevano “indietro non si torna».
La giornata si è chiusa con la richiesta di assoluzione di Antonio Ferro e Stefano Bruni: «Persone per bene – ha concluso Sassi – per cuoi sono state chieste pene non giustificate ed eccessive».