La chiusura del forno e il via vai obbligato nelle altre province è già costato ai comaschi mezzo milione di euro. Le famiglie comasche che scelgono di cremare i propri cari sono costrette a spostarsi nelle altre province lombarde o ad andare in Svizzera. Un pellegrinaggio che comporta costi aggiuntivi.
La chiusura del forno crematorio di Como al Cimitero Monumentale, oltre ai costi della manutenzione è già costato ai comaschi mezzo milione di euro. Per ogni funzione fuori provincia si spendono circa 500 euro tra trasporto e tassa di cremazione, come spiega Marco De Agostini dell’omonima agenzia di pompe funebri. Se si considera che dal giorno della chiusura (4 giugno 2016) sono già 913 i comaschi cremati in strutture fuori città, ecco il conto di quasi mezzo milione. Oggi si sceglie la cremazione per il 60% dei defunti.
I forni più vicini al Comasco sono quelli di Varese, di Busto Arsizio, Trecate (Novara) e Sondrio. “C’è anche un aspetto sociale – spiega De Agostini – visto che i parenti finiscono per non seguire una funzione che termina così lontano. Ci viene affidato il servizio e noi riconsegniamo l’urna”. “Nelle altre città il forno è sempre gestito da una società privata. Como potrebbe seguire l’esempio di Varese e Busto, ad esempio – dice De Agostini – Un nuovo impianto costa alcuni milioni di euro e ci sono società pronte a realizzare il forno in cambio di un contratto di gestione. A Como la struttura è sempre stata del Comune e gestita dal pubblico, con i problemi che ne conseguono degli orari ad esempio, con le funzioni fino alle 17, mentre a Varese e Busto si fanno cremazioni anche alle 22 o a mezzanotte. Credo che il futuro del servizio debba passare per forza di cose da un privato”.