Se partecipi alla messa domenicale guadagni un timbro, lo stesso per il catechismo settimanale. C’è chi è d’accordo sul metodo e chi no, ma una cosa è certa: la “carta fedeltà della parrocchia” di Lurate Caccivio sta facendo discutere ed è diventata un caso nazionale. Ieri, il parroco don Angelo Fontana ha spiegato il significato dell’iniziativa che sta suscitando tanto scalpore e polemiche. “Sono prete da 25 anni e non ho mai negato i sacramenti – ha detto don Angelo – Si tratta di un gioco per responsabilizzare i ragazzi e accompagnarli nel cammino di iniziazione cristiana. Per loro è un monito: quando vedono le caselle bianche evidentemente si accorgono di non aver fatto le tappe di questo cammino”. Al di là di interpretazioni più o meno corrette date all’iniziativa, resta da capire cosa accade ai ragazzi della parrocchia con la tessera in bianco. “Si valuta caso per caso, – ha spiegato il parroco – ma serve anche un po’ di buonsenso: se un alunno salta tutte le lezioni di una materia, come può pensare di aver imparato qualcosa?”. La lettera di accompagnamento alla tessera consegnata ai ragazzi utilizza in realtà termini ben più perentori rispetto alle parole di don Angelo Fontana. “Questa tessera – si legge – ti aiuta a verificare la fedeltà a Gesù e a prendere con serietà tu con i tuoi genitori il cammino di iniziazione cristiana che avete scelto di intraprendere in questo anno. Ricordo che se non ci sono i due terzi delle presenze – ha scritto ancora il parroco – non sarà possibile accedere al cammino dell’anno successivo”. Una sorta di bocciatura scolastica, insomma. Nelle istruzioni viene anche precisato che qualora il parrocchiano partecipasse alla messa al di fuori di Lurate Caccivio dovrà chiedere al celebrante di mettere una sigla nell’apposita casella, oppure portare alla catechista il foglio della santa messa. “Una scelta pastorale molto discutibile – commenta don Agostino Clerici, sacerdote, scrittore e giornalista – Ci si potrebbe chiedere: il fine giustifica i mezzi? Ma la domanda da porsi è un’altra: il mezzo “tessera punti” è al servizio del fine “crescita cristiana”? Direi proprio di no – dice don Agostino – anzi contribuisce a veicolare una immagine commerciale della fede, una visione aziendale della Chiesa, un meccanismo quasi postale della trasmissione di quella che dovrebbe essere una vita e un’esperienza e non solo l’apprendimento di quattro nozioni”.
La tessera fedeltà tradisce povertà di comunicazione e discredito del comunicante.La coerenza al Vangelo non la si può stampare ed imporre con metodi da supermarket a meno che i parroci non vogliano farsi manager di Spa. In questo momento la chiesa non ha più fascino da sequela,ecco il punto e la ragione sta in quel che si legge nel Vangelo di Giovanni:” C’è qualcosa di più importante del tempio ed è chi lo abita”.Se le persone pensano che lo abita solo il prete allora vuol dire che c’è fallimento educativo prima che religioso e mistico.