“I cittadini hanno vissuto un disagio. Gli organizzatori hanno ammesso di aver sforato con i tempi, impareremo da quanto accaduto”.
E’ Elena Negretti, assessore alla Sicurezza del Comune di Como, a prendere la parola dopo la megafesta indiana di sabato notte: il magnate del petrolio Mukesh Ambani ha affittato Villa Olmo (parco e dimora) per il fidanzamento della figlia. Fuochi d’artificio, poi musica e festeggiamenti fino all’alba.
Molti cittadini si sono lamentati. “Abito in via Zamenhof e stanotte alle 3 sono stato svegliato dalla musica ad altissimo volume proveniente da Villa Olmo – scrive un residente – Musica terminata alle 5.45. Non oso immaginare la notte passata da chi abita in Via Rosales o in Via Bignanico, o dai degenti di Villa Aprica”.
Critiche pesantissime anche dal consigliere del Movimetno 5 Stelle, Fabio Aleotti, che ha assistito in prima persona all’episodio. “Dopo le lamentele dei cittadini – spiega – alle 3.30 sono andato a Villa Olmo. Gli invitati sono rimasti nel parco fino alle 3.45 e la musica è continuata in villa fino alle 5.47”.
La deroga concedeva musica nel parco fino alle 3 e in villa fino alle 4.
“Al di là del fatto che questi limiti non sono stati rispettati – attacca Aleotti – mi chiedo se sia opportuno concedere deroghe così ampie. Musica fino alle 3 o alle 4 del mattino per una festa privata quando, a San Siro, al concerto degli U2, si stacca la spina a mezzanotte”.
“Da ieri sono in contatto con gli organizzatori – risponde l’assessore Negretti – loro hanno ammesso di aver sforato, questo ovviamente non li giustifica. Valuteremo la situazione e nel caso prenderemo i dovuti provvedimenti”.
Sulla deroga per la musica fin quasi all’alba, Negretti dice: “Non dipende da me. Fosse toccato a me decidere, avrei certo fatto spegnere la musica prima”.
Nella foto, in alto: ecco come apparivano il parco e la dimora di Villa Olmo sabato notte durante la festa indiana
Per quattro soldi Como prostituisce il proprio patrimonio artistico e crea disagio ai suoi stessi cittadini. Tutto ciò nel silenzio imbarazzante dell’élite intellettuale, che avrebbe dovuto far sentire la sua voce di protesta e sdegno.