Vent’anni di carcere per Michele Egli. I giudici svizzeri hanno ritenuto colpevole di assassinio l’informatico di 43 anni accusato di aver ucciso la cognata Nadia Arcudi. Non è stata riconosciuta invece la premeditazione del delitto. Nadia è stata uccisa nella sua abitazione di Stabio nell’ottobre del 2016 e il corpo senza vita della donna era stato poi abbandonato nei boschi di Rodero.
Il procuratore pubblico svizzero Pamela Pedretti ieri, nel corso della sua requisitoria aveva parlato di colpe “gravissime” a carico dell’uomo, accusato di avere agito “senza scrupoli”. “Ha tolto la vita per futili motivi”, ha aggiunto sempre il magistrato elvetico, che ha chiesto la condanna all’ergastolo per Michele Egli.
La difesa ha risposto chiedendo una pena a 15 anni per omicidio intenzionale per l’informatico, che aveva confessato ma aveva ripetuto di non voler uccidere la cognata. “Volevo solo farla stare zitta”, ha detto in aula.
Oggi la sentenza, con la condanna a vent’anni decisa dalla Corte di Mendrisio, riunita a Lugano e presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. “La colpa dell’imputato è di estrema gravità: ha agito per futili motivi, ossia per una discussione che non voleva sentire”, hanno detto i giudici. La corte non avrebbe però riconosciuto la premeditazione.
Nadia Arcudi è stata colpita con un bottiglia e poi strangolata con una sciarpa. Il movente sarebbe di natura economica, legato alla proprietà di una casa. Il corpo della donna era stato poi chiuso in alcuni sacchi della spazzatura e abbandonato in una zona boschiva di Rodero, a poca distanza dal confine con la Svizzera.