“Volevo farla stare zitta, non ucciderla”. A Lugano, davanti alla Corte svizzera, ha sostenuto questa versione Michele Egli, 43 anni, accusato dell’omicidio della cognata, la maestra Nadia Arcudi. La donna è stata uccisa nella sua casa di Stabio nell’ottobre del 2016 e il suo corpo è stato poi abbandonato nei boschi di Rodero, nel Comasco, nella zona di confine, dove era stato poi ritrovato da una donna durante un’escursione.
Nadia Arcudi viveva con la mamma ed era un’insegnate in una scuola elvetica. A Lugano è in corso il processo all’unico imputato per l’omicidio, il cognato della donna, un informatico collaboratore dell’università Supsi. Alla base del delitto ci sarebbe un movente economico, una discussione legata alla proprietà della casa. Egli è accusato di assassinio e turbamento della pace dei defunti e oggi è comparso davanti alla Corte.
Per l’accusa, Michele Egli aveva raggiunto la cognata a casa e tra i due era nata una discussione legata appunto a questioni immobiliari. Il 43enne avrebbe colpito la donna con una bottiglia, poi l’avrebbe strangolata con una sciarpa. Quindi, dopo aver pulito la stanza avrebbe messo il corpo della cognata in alcuni sacchi della spazzatura, lo avrebbe caricato nella sua auto e lo avrebbe trasportato in Italia, abbandonandolo in una zona boschiva a Rodero.