Nei giorni scorsi la giustizia amministrativa del Ticino ha accolto il ricorso di un’azienda svizzera contro la Lia, la Legge sulle Imprese artigiane che istituisce l’obbligo di iscrizione a un albo per tutte le ditte (elvetiche e non) che vogliono prestare opera in Svizzera.
Una misura, questa, da sempre criticata all’esterno del Ticino, poiché considerata lesiva della libera concorrenza.
“Che si trattasse di una legge protezionistica e in contrasto con gli accordi europei sulla libera circolazione della imprese ne eravamo e siamo assolutamente convinti – ribadisce oggi Alberto Bergna, segretario generale di Cna Artigiani Como e Lecco – La cosa che più ci disturba è che, oltre alla Lia, gli artigiani italiani debbano subire il vincolo del limite massimo di 90 giorni per le prestazioni che effettuano in territorio svizzero”.
Secondo Cna, l’obbligo già vigente nei cantoni svizzeri di informare le autorità prima di iniziare la prestazione è “più che sufficiente per contrastare il dumping o il lavoro irregolare”.
“Speriamo – conclude Bergna – che il Canton Ticino riveda la propria posizione e riconosca il titolo di imprenditore artigiano acquisito in Italia sufficiente per poter operare in Ticino come già avviene negli altri Cantoni svizzeri”.