Decine di famiglie comasche dovranno rassegnarsi: cremare i propri cari nell’impianto del cimitero monumentale resterà impossibile ancora per mesi. Ha dell’incredibile, per non dire del vergognoso, la vicenda del forno crematorio di Como. Che tra l’altro, oltre all’ennesimo ritocco al cronoprogramma che a fine anno porterà almeno a 18 i mesi di chiusura totale della struttura, si arricchisce proprio in queste ore di un ulteriore capitolo grottesco.
Come forse qualcuno ricorderà, lo stop totale dell’impianto risale addirittura al 4 giugno 2016. Da allora, i comaschi che optano per la cremazione dei defunti sono costretti a peregrinare per le altre province lombarde o ad andare in Ticino per usufruire del servizio, con costi quasi raddoppiati.
E pensare che già a dicembre 2016 il Comune approntò il progetto-tampone almeno per riaprire parzialmente il forno. Si sprecarono gli annunci di imminente riapertura, con il momento fissato entro luglio. Inutile dire che non è mai accaduto. E che, anzi, ora si scopre l’ennessima magagna.
Il Comune dovrà aggiungere agli 80mila euro già previsti per l’intervento altri 14mila euro per la classica perizia di variante. Le motivazioni, sono un’inno all’assurdità.
Si legge testualmente nei documenti comunali che “il fermo impianto molto prolungato e l’assenza di personale presso l’immobile hanno favorito e accelerato esponenzialmente” bloccaggi di alcuni meccanismi, ossidazioni, corrosioni e altri guasti ancora. Insomma: il forno è fermo, degradato e nessuno esegue la manutenzione. E proprio per questo il forno resterà fermo ancora più a lungo e si è degradato ancora di più. Una spirale senza fine.
Unica consolazione: la promessa del Comune di cercare il personale sin da ora, così da essere già pronto a fine anno quando l’impianto dovrebbe ripartire. Dovrebbe.
.. dopo queste esperienze perché l‘ amministrazione non si rivolge al costruttore del forno di Lugano ?