Oggi prima udienza del processo che vede imputata la deputata socialista svizzera Lisa Bosia Mirra, accusata di aver favorito in occasioni l’entrata illegale di clandestini, in molti casi minorenni, in territorio elvetico.
«La situazione che si era creata a Como era di grave emergenza, ho agito per motivi umanitari. Purtroppo non c’era un modo legale per aiutare quelle persone”, questa la difesa della deputata del Gran Consiglio del Canton Ticino e presidente dell’Associazione Firdaus.
Lisa Bosia Mirra era stata fermata dalle guardie di confine per aver collaborato all’entrata illegale in Svizzera di cittadini stranieri sprovvisti dei documenti.
Dal canto loro, le autorità elvetiche hanno ribadito che “L’inchiesta ha appurato ciò era avvenuto almeno nove volte in totale, fra l’agosto e il settembre 2016 con diverse modalità». E per queste ragioni la deputata è stata accusata di «ripetuta incitazione all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegale secondo la Legge federale sugli stranieri».
Peraltro, Lisa Bosia Mirra era già stata condannata al pagamento di una pena pecuniaria di circa 10mila euro. Provvedimento a cui la deputata si è però opposta, ripetendo di aver agito per motivi umanitari e ribadendo la richiesta di assoluzione.
Stamattina in aula, la 43enne ha di fatto confermato i fatti che le vengono contestati, ma ha spiegato che, vista la situazione di emergenza che si era creata a Como, con centinaia di migranti accampati alla stazione, «non c’era altro modo per aiutare le persone, che volevano lasciare l’Italia e raggiungere altri Paesi, perlopiù la Germania, per ricongiungersi con i loro familiari».
La sentenza dovrebbe essere pronunciata la prossima settimana.