A poco di più di due mesi dalla notte delle elezioni comunali di Como, emergono retroscena clamorosi sulla serie di ritardi, disguidi e problemi che caratterizzarono lo spoglio del primo turno di voto, l’11 giugno scorso.
Molti si ricorderanno la vera e propria agonia che caratterizzò le ore successive alle 23 della prima domenica di voto, con alcune sezioni – in particolare la numero 63 di via Bellinzona – che chiusero i conteggi di schede, voti disgiunti e preferenze personali soltanto all’alba se non addirittura a lunedì inoltrato e anche molto oltre.
Ebbene, ora si scopre che quella enorme confusione ha scatenato l’ira del prefetto di Como, Bruno Corda, che nella notte tra l’11 e il 12 giugno chiese ripetutamente conto al Comune dei ritardi e dei disguidi in corso per lo spoglio, problemi tali che per la prima volta nella sua storia elettorale una sezione cittadina – sempre la 63 – non ha chiuso le operazioni entro le 12 ore canoniche.
Dalla Prefettura, dunque, è giunto l’invito al dirigente del settore elettorale, Giovanni Fazio, di redigere una dettagliatissima relazione su quanto avvenuto in quella notte, mentre a sua volta il prefetto ha scritto un’altra relazione durissima. I due documenti sono poi stati inviati alla Corte d’Appello di Milano, competente per queste vicende, con l’espressa richiesta di prendere provvedimenti su alcuni presidenti di seggio in servizio l’11 giugno, tre in particolare. Per loro, possibile persino la radiazione dell’albo dei presidenti di seggio.
Il caos di giugno, tra l’altro, avrà un effetto anche politico: alla ripresa di settembre la lista Rapinese, che per una manciata di voti ha dovuto rinunciare al quinto eletto a favore del terzo del Pd, è intenzionata a proporre una mozione per introdurre corsi specifici di formazione rivolti a scrutatori e presidenti di seggio.