(ANSA) – CATANIA, 24 FEB – Un avanzato trattamento di terapia genica ha restituito speranza a una bambina siciliana di 19 mesi affetta da una rara malattia neurometabolica, il deficit di Dopa-decarbossilasi, un enzima che regola il metabolismo dei neurotrasmettitori dopamina e serotonina, che comprometteva le sue capacità motorie, di apprendimento ed anche vitali. L’intervento è stato realizzato all’ospedale San Marco, dall’équipe multidisciplinare di neurochirurghi, anestesisti rianimatori pediatrici, neuroradiologi e del gruppo della pediatria del presidio Rodolico, centro di malattie rare che ha in cura la bambina. Dopo una cura propedeutica di un anno e mezzo, nel dicembre scorso, è stato possibile procedere con la somministrazione della terapia genica che mira a correggere direttamente nel cervello la mutazione alla base della patologia. La piccola ha poi fatto rientro a casa e i primi risultati, sottolineano dal Policlinico di Catania, "sono stati da subito straordinari: a due mesi dal trattamento, la bambina ha mostrato segni significativi di miglioramento delle sue capacità motorie, passando da un immobilismo pressoché totale ad un risveglio muscolare che le consente movimenti pian piano sempre più decisi e sofisticati, dapprima solo con gli occhi, adesso anche con la testa, con le gambe e le braccia". L’intervento, il primo di questo tipo eseguito con l’ausilio di una combinazione di robotica, tac intraoperatoria e neuronavigazione, è stato illustrato in conferenza stampa dall’assessore regionale alla Salute, Daniela Faraoni, dal direttore del dipartimento Pianificazione strategica Salvatore Iacolino, dal direttore generale del Policlinico, Gaetano Sirna, dal direttore sanitario Antonio Lazzara e dai medici interessati. A spiegare tecnicamente come è avvenuta la somministrazione della terapia sono stati i direttori di Pediatria, Martino Ruggieri, e di Neurochirurgia, Giuseppe Barbagallo. "Abbiamo fornito alla bambina – ha detto Ruggeri – la copia esatta del gene mancante attraverso l’inserimento di miliardi di copie di adenovirus inattivato che sono serviti a convogliare quel gene all’interno delle cellule nervose, con un impatto sul recupero delle funzioni neurologiche compromesse dalla malattia sino ad oggi estremamente positivo". "La peculiarità del nostro intervento su questa paziente, la più piccola trattata ad oggi – ha spiegato Barbagallo – è quella della tecnologia robotica applicata alla neurochirurgia. Abbiamo proposto una metodologia differente che si utilizza oggi per le biopsie e per la cura di alcuni tumori cerebrali, ma anche per determinati interventi di stimolazione cerebrale, quali quelli che si effettuano per la malattia di Parkinson". (ANSA).