E’ l’area dismessa per eccellenza della città. Un’area di oltre 40mila metri quadrati nel cuore di Como, un tempo simbolo della laboriosità del territorio e oggi emblema del degrado, dell’immobilismo e delle difficoltà economiche e burocratiche. Sulle ceneri dell’ex Ticosa (acronimo della Tintoria Comense Società Anonima) ancora non c’è nulla. Soltanto una piccola porzione è adibita a parcheggio dal 2022.
Ma sono ormai passati 18 anni dalla demolizione del “corpo C” dell’ex tintostamperia con tanto di conto alla rovescia e fuochi d’artificio, era il 27 gennaio del 2007, ma l’azienda (la cui realizzazione risale al 1871) è chiusa dal 1982 dopo un lungo periodo di crisi, trattative e infruttuosi negoziati con i sindacati.
L’abbattimento avrebbe dovuto segnare il primo passo verso la riqualificazione.
La realtà è andata diversamente: 18 anni di rinvii, lungaggini burocratiche, intoppi a cui sono seguiti altri annunci, progetti e amministrazioni comunali. Nel mezzo una bonifica infinita e tutt’ora incompiuta.
Un arco temporale in cui le diverse giunte comasche hanno fatto dello spazio dismesso un cavallo di battaglia della campagna elettorale. Il risultato, purtroppo, è stato sempre lo stesso: un nulla di fatto. A riqualificare la zona ci prova ora anche l’attuale amministrazione guidata dal sindaco Alessandro Rapinese che un anno fa ha presentato il progetto realizzato dalla multiutility Acinque. Il piano – un partenariato pubblico-privato – da 27 milioni di euro che vede al centro un maxi parcheggio da quasi mille posti, nuova viabilità, spazi commerciali, verde e un grande impianto fotovoltaico. L’iter che dovrebbe portare all’avvio dei lavori però procede a rilento. Oltre al nodo bonifica, la trattativa tra pubblico e privato ha richiesto un nuovo piano economico finanziario alla luce della rivoluzione delle tariffe della sosta in città.
Ora l’area è diventata una enorme discarica in centro città. Tra vegetazione incolta, rifiuti e reti da cantiere abbattute in più punti che peraltro consentono un facile accesso.
Un altro spazio che fa parte di quel passato e che ad oggi è diventato luogo di rifugio di senzatetto e disperati è la ex palazzina affacciata su via Grandi che nel tempo ha più volte richiesto l’intervento delle forze dell’ordine.
Ma fa parte del compendio anche la ex centrale termica, la Santarella, edificio simbolo dell’architettura industriale e del distretto tessile della città, anch’essa ridotta a discarica. Le ultime immagini riprese dal drone mostravano l’interno dell’edificio invaso da cumuli di rifiuti accanto ai segni del devastante incendio divampato nell’aprile del 2016.
Anche per la Santarella si sono susseguite proposte e idee più o meno roboanti, l’attuale sindaco vorrebbe trasformarla in uno spazio espositivo e culturale, un simbolo della città, ma le risorse sono legate al piano delle alienazioni di altri edifici comunali e al momento non è possibile neppure ipotizzare quando si potrà passare dalle parole ai fatti.