La seconda edizione della Cernobbio School si terrà a Villa Erba, dal 19 al 21 febbraio, e si propone come un momento cruciale per il settore sanitario, confermandosi come un incubatore di idee innovative e proposte concrete che nascano da un serrato confronto sulle sfide emergenti, con un focus particolare su come il mondo stia affrontando i temi della salute pubblica a livello globale. A ritrovarsi, sul Lago di Como, nell’evento organizzato da Motore Sanità con il patrocinio di Regione Lombardia e Città di Cernobbio, una vera e propria “Comunità che cura”, capace di tradurre le idee in azioni.
Cernobbio School: un programma fitto con l’innovazione al centro
I temi affrontati durante i lavori, che saranno aperti il 19 febbraio da un intervento del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, saranno molti. Dagli ospedali virtuali alla gestione del rischio delle infezioni correlate all’assistenza, dalla riduzione del rischio come strategia di prevenzione del danno alle nuove frontiere per far fronte alle malattie rare, all’Alzheimer, all’obesità e alle patologie più diffuse, come quelle cardiache e il diabete. Senza dimenticare la lotta alle infezioni virali, dall’Hiv all’epatite C. Un focus riguarderà l’analisi delle immagini mediche e dell’impatto che queste hanno sulle risorse umane; un altro approfondimento analizzerà lo scenario delle Pmi nel panorama sanitario italiano. Con l’innovazione tecnologica, che ormai tutti sono concordi a considerare un investimento cruciale per
garantire cure migliori e rafforzare l’economia, a fare da filo conduttore in un confronto che coinvolgerà i più importanti stakeholder del settore, ma anche i rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali.
“Fino a qualche anno fa – ha spiegato il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti – la digitalizzazione della sanità era un’opzione, mentre ora è una necessità imprescindibile per garantire cure più efficienti e accessibili a tutti. Il Governo ha intrapreso un percorso concreto, con investimenti strategici nel Fascicolo Sanitario Elettronico, nell’abbattimento delle liste d’attesa e nella connessione ad alta velocità di oltre 4.500 strutture sanitarie. Eventi come la Cernobbio School rappresentano un’opportunità preziosa per confrontarsi sulle molte sfide relative a sanità digitale e dare il giusto risalto agli importanti risultati ottenuti dal nostro Paese in questo ambito negli ultimi due anni. Risultati confermati pienamente dall’UE nell’ultimo Digital Decade Report. Abbiamo un obiettivo chiaro: trasformare la sanità digitale in una realtà quotidiana per milioni di italiani”.
“Una comunità che cura. Dall’idea all’azione”
Il titolo scelto per questa edizione, “Una comunità che cura. Dall’idea all’azione”, come ha spiegato Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, “riflette la necessità di un cambio di paradigma: la sanità deve diventare sempre di più una responsabilità condivisa tra istituzioni, esperti, stakeholder e cittadini. Serve una visione d’insieme che metta al centro la salute come bene collettivo, sostenibile e accessibile per tutti. Nel percorso avviato con la School da cui è nata la Carta di Cernobbio, abbiamo posto l’attenzione sul ruolo cruciale di farmaci e dispositivi medici nella sanità italiana, un settore in cui il nostro Paese eccelle, essendo il secondo produttore farmaceutico in Europa. Tuttavia, l’innovazione non si ferma alla produzione: è essenziale investire in ricerca e sviluppo, sfruttando le risorse del PNRR per implementare nuovi modelli organizzativi. L’evoluzione tecnologica avrà un impatto decisivo sulla governance sanitaria, richiedendo un adeguamento strutturale che renda il nostro SSN più moderno e in linea con i sistemi sanitari degli altri Paesi europei”.
Mariella Enoc, procuratrice speciale dell’Ospedale Valduce, ha messo l’accento sull’importanza di andare oltre il concetto di medicina territoriale, sottolineando “la necessità di mettere in pratica una vera medicina di comunità”. Una comunità “che non sia solo un modello organizzativo, ma una pratica concreta e si faccia carico della cura, coinvolgendo tutti: medici, infermieri, istituzioni, famiglie, volontariato e anche i pazienti stessi. Il concetto chiave è la prossimità, che non va intesa solo come vicinanza fisica: deve essere una vicinanza di ascolto, di presa in carico, di continuità”. La School di Cernobbio – ha proseguito Enoc – “è un’occasione preziosa per riflettere su come realizzare questo modello in modo efficace. Ragionando su come intervenire sul Servizio Sanitario Nazionale, partendo dai suoi valori fondanti: universalità, equità, solidarietà”. Puntando “sull’innovazione, che significa tecnologia utile a rafforzare la comunità, ma anche un modo di ripensare il sistema con occhi nuovi, per garantire a tutti un diritto alla salute che sia davvero esigibile”.
Gianluigi Spata, presidente della Federazione Regionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (FROMCeO) della Lombardia e dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Como, ha ricordato l’importanza della Carta di Cernobbio, il documento nato dai lavori della School dell’anno scorso, in cui si parlava di innovazione, multidisciplinarità e nuovi progetti per la medicina del territorio. “Una dimensione, quella del territorio, che è fondamentale perché è in grado di garantire la capillarità dell’assistenza, preservando il rapporto fiduciario medico-paziente che resta la principale garanzia affinché il paziente possa intraprendere un percorso diagnostico terapeutico corretto”. La priorità, ha sottolineato Spata, “è la presa in carico del paziente cronico, che assorbe il 75% delle risorse”. E a dirlo sono i numeri, visto che “il 40% della popolazione ha una malattia cronica, e nel 60% dei casi ne ha almeno due”.
La presa in carico dei pazienti cronici
La presa in carico, allora, “deve garantire la domiciliarità, ma anche evitare che questo tipo di pazienti vada in Pronto Soccorso con accessi e ricoveri impropri”. Il metodo non può che essere quello della “multidisciplinarità, con il medico di medicina generale che deve lavorare in equipe negli studi medici associati, insieme con gli infermieri, garantendo l’integrazione con gli specialisti ospedalieri. Con la tecnologia che deve avere un ruolo fondamentale nel monitoraggio dei pazienti”. Il presidente della FROMCeO ha voluto sottolineare la propria contrarietà al passaggio dei medici di medicina generale alle dipendenze del Ssn. “Le case di comunità – ha detto – possono essere un luogo importante per fornire servizi alla medicina del territorio, per garantire l’integrazione con gli specialisti, ma non possono essere la sede naturale in cui i medici generali svolgano la propria professione”. Il punto di riferimento, “sono e devono rimanere i nostri ambulatori sul territorio”.