Da più parti riconosciuto come segnale per indicare un luogo di spaccio o di consumo di droghe, altri sostengono che si tratti di una pratica usata dalle bande giovanili per commemorare un loro membro o semplicemente per delimitare i loro confini, altri ancora parlano di una bravata – sempre pensando ai giovani – per celebrare, ad esempio, la fine della scuola. Ulteriori spiegazioni sono ricollegabili a fenomeni di bullismo. Le “scarpe volanti” appese ai cavi elettrici sono una realtà anche a Como e non certo da oggi. Oggi però, alla luce degli ultimi episodi di cronaca registrati nelle vicinanze, fa riflettere che diverse paia siano appese ai fili all’incrocio tra via San Martino e via Briantea. E cioè a poche centinaia di metri da via Guanella, da dove i residenti hanno denunciato di non sentirsi sicuri e hanno chiesto più controlli. Appello a cui hanno fatto seguito le parole del questore di Como, Marco Calì: “Conosciamo il problema e la zona è sempre nei nostri radar” aveva spiegato rassicurando gli abitanti dopo i diversi fatti di cronaca: liti, risse e aggressioni sfociate anche in accoltellamenti. Episodi di violenza registrati a pochi passi dalla mensa del povero alla cui porta ogni giorno bussano tanti bisognosi della città, ma, spesso anche sbandati e malintenzionati che poi generano scompiglio fuori e dentro i locali.
Tra fatti reali e valutazioni a posteriori, la pratica di legare le scarpe insieme e di scagliarle in aria per farle restare appese ai cavi, nota come shoefiti, dall’unione delle parole “shoe” (scarpa in inglese) e “graffiti”, nasce negli Stati Uniti e ha fatto il giro del mondo. In prima battuta correlata a manifestazioni adolescenziali ha poi assunto nel tempo diverse connotazioni. Nel caso specifico di via San Martino non è chiaro il significato delle “scarpe volanti”: tra “luogo di spaccio” e “ragazzata” in mezzo possono esserci molte altre spiegazioni, ma chi abita nella zona ora rilegge il gesto con occhi diversi e non lo sottovaluta.