Entra nel vivo il maxi processo di Como su appalti e paratie antiesondazione, che vede imputate dodici persone: il dirigente comunale Antonio Ferro, gli ex Antonio Viola e Pietro Gilardoni, il funzionario comunale Ciro Di Bartolo, l’imprenditore Giovanni Foti e l’ex segretario comunale Antonella Petrocelli, il consulente Virginio Anselmo, il dirigente Sacaim Graziano Maggio, l’azienda Sacaim Spa, il dirigente comunale Antonietta Marciano, il sindaco di Como Mario Lucini e il suo predecessore Stefano Bruni.
In aula oggi il primo testimone dell’accusa, Leonardo Miconi, all’epoca dei fatti dirigente dell’ufficio analisi e vigilanza varianti di Anac, l’autorità nazionale Anticurrouzione, che avviò l’attività di vigilanza sull’eterno cantiere del lungolago. Il funzionario sta rispondendo alle domande del pm Pasquale Addesso.
AGGIORNAMENTO 11.20
L’esame del testimone è complesso e tecnico (vista la materia trattata, non potrebbe essere altrimenti). Diversi avvocati (Pacia in testa) lamentano il fatto che il funzionario Anticorruzione starebbe esprimendo valutazioni, rispondendo – sempre secondo i legali delle difese – più come un consulente che come un testimone.
Il pm Addesso insiste prima sulla sospensione dei lavori del 2012, poi sul frazionamento degli incarichi per la progettazione della terza perizia di variante, ossia la terza versione del progetto paratie.
Il funzionario Anticorruzione sostiene, in sintesi, che il cantiere non andava sospeso nel 2012, poiché la necessità di fare una perizia di variante non rappresenta una motivo di sospensione per pubblico interesse. “Se i cedimenti citati fossero stati così gravi avrebbero creato problemi molto prima”, ha detto Miconi.
Il dirigente Anac ha poi aggiunto che la progettazione andava assegnata tramite una gara d’appalto, e non tramite incarichi frazionati da massimo 40mila euro (il limite oltre il quale la legge impone la gara). “Il Comune ha motivato il frazionamento degli incarichi con un’urgenza di progettazione per la ripresa dei lavori e con l’alta specificità dei lavori in oggetto. Motivazioni – ha detto Miconi in aula – che secondo noi non erano fondate”.