Sequestro Mazzotti, volume 1 e 2. E’ ripartita dai fascicoli polverosi conservati per quasi mezzo secolo nello “scaffale rapimenti” dell’archivio della questura di Milano l’indagine che ha portato al nuovo processo in corte d’Assise a Como per il sequestro e l’omicidio, nel 1975, di Cristina Mazzotti.
Le tappe della complessa indagine sono state ripercorse oggi dall’ispettore della polizia di Stato Liliana Ciman, fino alla fine dello scorso anno in servizio alla squadra mobile della questura di Milano, sentita oggi come testimone nel processo. Sul banco degli imputati, accusati di sequestro di persona a scopo di estorsione e omicidio, in concorso, aggravato dalla crudeltà, dai motivi abbietti, dalla minorata difesa della vittima ci sono Giuseppe Calabrò, Antonio Talia, Giuseppe Morabito e Demetrio Latella, sospettati di essere mandante ed esecutori materiali del rapimento di Cristina, appena 18enne al momento del rapimento.
Nel 2022, l’ispettore Ciman è stata incaricata di effettuare indagini sul caso Mazzotti, alla luce di nuovi elementi che avrebbero potuto far riaprire il caso. “Sono ripartita dai documenti del 1975 – ha ricordato in aula – Le sentenze del passato ci dicono che non sono stati individuati tutti coloro che hanno partecipato alla fase attiva del sequestro. Si trattava di capire se ci fossero elementi non valutati o non emersi. E’ stato importante analizzare e capire il momento storico. In quegli anni, in Lombardia c’è stata un’esplosione dei rapimenti, nell’arco di un decennio circa se ne contano un centinaio”.
Rianalizzati tutti i passaggi dell’indagine. “Bisogna tenere conto che parliamo di un’altra epoca, anche dal punto di vista degli strumenti di cui disponevano gli investigatori”, ha ricordato l’ispettore di polizia. Due esempi su tutti: “Nel 1975 non si parlava neppure di Dna e di conservazione dei reperti per accertamenti di questo tipo. Quando parliamo di intercettazioni telefoniche poi, dobbiamo pensare che parliamo di apparecchi fissi e di chiamate che i rapitori facevano dalle cabine telefoniche. La provenienza poteva essere individuata in termini ampi, di area geografica e non certo con precisione”.
L’ispettore ha ripercorso tutte le tappe dell’indagine condotta nel 2022, che l’ha portata a scoprire anche collegamenti con altre inchieste e sospetti legami con gli imputati attualmente a processo. La testimonianza, proseguita per l’intera giornata, continuerà nella prossima udienza, fissata per il 20 novembre.