Per l’Associazione Assalam è l’ultima parola dopo dieci anni di braccio di ferro. Per il Comune di Cantù è necessario attendere l’ennesimo parere dei legali. E intanto il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni non esclude “un referendum popolare cittadino per chiedere ai canturini e ai comaschi se vogliono o no la moschea”.
Al centro della disputa il capannone di via Milano, a Cantù, di proprietà dell’associazione islamica Assalam, che dal 2014 porta avanti una battaglia per poter pregare nelledificio.
L’ultima sentenza – almeno in ordine di tempo, visto che difficilmente metterà fine alla battaglia – è della quarta sezione del Tar della Lombardia, che accoglie il ricorso di Assalam e impone al Comune di rilasciare il permesso di costruire entra 30 giorni. Diversamente, interverrà un commissario, già indicato nella sentenza.
“La posizione è inequivocabile e auspichiamo il Comune autorizzi finalmente il cambio di destinazione e metta fine a una battaglia costata oltre 130mila euro, soldi spesi inutilmente per negare il diritto di culto”, sottolinea Vincenzo Latorraca, legale dell’Associazione Assalam.
E mentre il sindaco di Cantù Alice Galbiati attende un incontro con l’ufficio legale, il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni rilancia. “Sono molto preoccupato per questa nuova posizione della giustizia amministrativa e per le possibili ricadute in termini di gestione e organizzazione della sicurezza sul territorio, ne parlerò subito con Prefetto e Questore – dice – Le leggi si applicano e le sentenze seppur discutibili si appellano e si impugnano fino all’ultimo grado di giudizio. Non escludo infine un grande referendum popolare cittadino per chiedere ai canturini e ai comaschi se vogliono o no la moschea, che diventerebbe il principale luogo religioso di riferimento per un’area vasta e allargata provinciale, non solo canturina. Chi tifa e sostiene ideologicamente la moschea si assume tutta la responsabilità di questa decisione per il futuro della comunità”.