(ANSA) – ROMA, 02 OTT – "Un anno fa il governo approvò il decreto Caivano e, a 365 giorni di distanza, si possono vedere tutti i risultati negativi di un provvedimento che sta trasformando drasticamente il sistema della giustizia minorile, allontanandolo da quel modello che aveva attirato le attenzioni dell’Europa, spostandolo verso un modello criminalizzante, carcerocentrico e purtroppo privo di prospettive, come è troppo spesso già la detenzione per gli adulti in Italia". Lo sottolinea in un comunicato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio sulle carceri minorili di Antigone. "Innanzitutto i numeri. Al 15 settembre erano 569 i ragazzi reclusi negli IPM, il numero più alto mai fatto registrare. Dall’insediamento dell’attuale governo nell’ottobre 2022, le presenze nelle carceri minorili – rileva Marietti – sono aumentate di quasi il 50%. Così come il numero più alto mai registrato è quello degli ingressi nelle carceri minorili, ben 889 fino a questo punto dell’anno. I posti in IPM sono 516 e il tasso di affollamento medio è dunque pari al 110%: dei 17 IPM presenti sul territorio, ben 12 ospitano più persone di quelle che dovrebbero. Nei 5 Istituti attualmente non sovraffollati, si registra comunque una situazione assai precaria, essendo tutti al limite della capienza. Per far fronte al sovraffollamento sono state aggiunte brandine da campeggio e in alcuni casi anche materassi per terra". "La presenza negli IPM oggi è fatta soprattutto di ragazzi e ragazze minorenni che rappresentano il 61% del totale dei reclusi. Un trend invertito rispetto a poco tempo fa, quando ad essere in maggioranza erano i giovani adulti (ragazzi fino a 25 anni che erano entrati nel sistema della giustizia minorile da minorenni). ll DL Caivano ha infatti reso più facile il trasferimento dei ragazzi che hanno compiuto la maggiore età a un carcere per adulti, misura troppo spesso applicata per problemi di sovraffollamento o per gestire situazioni problematiche, ma che va a interrompere un percorso educativo magari risalente e rende ben più difficile la reintegrazione sociale del giovane", conclude Marietti. (ANSA).