(ANSA) – TRIESTE, 26 SET – "La botanica, non le temperature, potrebbe aiutarci a fare luce sul giallo della morte Liliana Resinovich". A sostenerlo è l’avvocato Nicodemo Gentile, legale del fratello della vittima, Sergio. "Alcuni residui vegetali, segnalati durante il sopralluogo del 5 gennaio 2022 e individuati anche in sede di esame esterno del cadavere – afferma Gentile – potrebbero dirci se il cadavere di Lilli abbia sempre stazionato nell’area del boschetto ovvero sia stato trasportato in quel sito solo successivamente". Il legale richiama uno degli elaborati dei primi medici legali della Procura: "…fra le pliche esterne dei sacchi, ove si notava anche la presenza scarsa, di quello che, in singoli grumi, sembravano essere dei semi gialli contenuti in materiale brunastro simil- mucoso (che mi viene riferito non essere presenti all’atto del rinvenimento)". Tali frammenti, "grumi o semi" si chiede l’avvocato, sono stati "rilevati anche sui pantaloni di Liliana e all’interno della sacca mortuaria in sede di esame esterno", ma "purtroppo non sono stati caratterizzati nella consulenza botanica della Procura e non sono stati neanche conservati tra i reperti". Il legale ha affermato che si sta "lavorando, sia pure solo sulle fotografie, al fine di capire, per quanto possibile, se le strutture ritrovate, appartengono o meno al patrimonio della vegetazione esistente nell’area del ritrovamento del cadavere, anche perché alcuni elementi, in corso di approfondimento, sembrano escluderlo". L’avvocato in merito alle temperature del boschetto nel periodo dal 14 dicembre 2021 al 5 gennaio 2022, ritiene che, "quand’anche fossero state accertate con certezza, dato che a noi comunque non risulta, non sono comunque idonee a risolvere ‘il quando e il come’ della morte di Liliana", considerandolo un "elemento isolato, neutro e solo orientativo che da solo non conduce a nulla. Sicuramente non è in grado a sciogliere l’interrogativo dell’assenza di impronte papillari riconducibili a Liliana Resinovich sui sacchi neri, sulle buste e sul cordino, che Liliana certamente ha dovuto toccare e manipolare per dare attuazione al suicidio". Per contro, "si è rilevata la presenza di un’impronta guantata su uno dei sacchi neri, quello che copriva la parte inferiore della donna, trattasi di un contatto tra il sacco e un guanto in trama di tessuto, tipologia di guanto che non coincide con quelli utilizzati dagli operatori di Polizia Scientifica all’atto dello stesso sopralluogo; nel verbale di sopralluogo, viene riportato l’utilizzo di guanti in lattice (trattasi in realtà di guanti in nitrile)". La differente tipologia di impronte "lascia aperta la possibilità dell’utilizzo di guanti in tessuto ad opera di un terzo per il confezionamento del corpo. Non risolve l’interrogativo del contenuto della borsa con la quale è stata ritrovata la Resinovich, che appare alquanto anomalo giacché conteneva solo un paio di occhiali da sole, una mascherina, tre chiavi legate con un cordino, addirittura quelli di riserva e una bottiglietta d’acqua senza alcuna traccia né palmare né di DNA della donna, tra l’altro con data di scadenza riferibile quasi ad 1 anno prima della scomparsa", conclude Gentile. (ANSA).