(ANSA) – ROMA, 01 AGO – Non ci fu alcuna "trattativa" in merito all’apertura e alla traslazione della tomba di Renatino De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare. Piuttosto da parte del Vaticano, "semplicemente il dire che noi non avevamo nessun problema a che si procedesse, non avevamo nulla da nascondere". È quanto ha detto padre Federico Lombardi, ex direttore della sala stampa vaticana nell’era di Benedetto XVI, audito dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi. "Il ragionamento che si faceva – ha rievocato Lombardi – era che bisognava vedere che cosa ci fosse nella tomba di De Pedis. Chi la deve aprire? Era più opportuno lo facesse chi stava facendo le indagini, la magistratura italiana, altrimenti avrebbero detto che sarebbe stata manipolata. Era più sicuro e oggettivo che chi era responsabile delle indagini conducesse anche la traslazione e l’esame". Padre Lombardi ha comunque ammesso che era all’oscuro dell’incontro tra l’ex procuratore di Roma, Giancarlo Capaldo, e l’allora comandante della Gendarmeria, Domenico Giani accompagnato dal vice Costanzo Alessandrini. Lombardi ha anche chiarito che quello redatto in Vaticano sulla vicenda di Emanuela Orlandi era solo "un appunto personale" che "di per sé" doveva rimanere "riservato", e che era destinato alla segreteria particolare di Benedetto XVI, non certo un dossier particolare con "segreti". Lombardi ha spiegato che tutto prese spunto da un incontro tra monsignor Georg Gaenswein, segretario di Ratzinger, e lo stesso Pietro Orlandi, richiesto da quest’ultimo. Orlandi portò un suo libro sulla vicenda e informò Gaenswein di un’imminente manifestazione in ricordo della sorella, chiedendo inoltre se il Papa poteva dire qualcosa in merito all’Angelus. È qui che Gaenswein si rivolge a padre Lombardi, il quale preso il libro, fece "una attenta relazione" dattiloscritta: "Nella quale spiegavo un po’ l’atteggiamento di Pietro e quello comprensivo per la famiglia. E poi illustravo le domande che a me al tempo non erano chiare", suggerendo, se lo si fosse ritenuto "opportuno" di poter "continuare ad approfondire degli argomenti. Preparai questo testo all’inizio di gennaio e lo mandai via email. A febbraio alla trasmissione Chi l’ha visto, un po’ per caso vidi Pietro Orlandi con il mio appunto in mano. Chiamai Gaenswein: hai dato questo appunto a qualcuno? Ma entrambi cademmo dalle nuvole". Quell’appunto fu trafugato dall’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele. "Addirittura per noi fu proprio quella la vicenda chiave – ha spiegato – per appurare da dove avveniva la fuga di documenti che in quel periodo erano tantissimi". (ANSA).