SCANDALO POSTE: L’INTERA VICENDA
Ecco quanto comunicano i due parlamentari lariani:
“Abbiamo chiesto al ministro dello Sviluppo Economico se sia a conoscenza dei rilevanti disagi riscontrati nella fruizione dei servizi postali che la nuova programmazione della consegna a giorni alterni adottata da Poste Italiane sta procurando a cittadini, famiglie e imprese in tutta la provincia di Como, e quali iniziative intenda assumere affinché queste evidenti criticità vengano risolte”. Lo dichiarano i deputati comaschi del Partito Democratico Chiara Braga e Mauro Guerra firmatari di un’interrogazione a risposta scritta indirizzata al ministro Calenda, presentata ieri alla Camera dei Deputati.
“Forti – spiegano i deputati dem – sono infatti i disservizi causati dall’attuazione del nuovo modello di invii postali a giorni lavorativi alterni rilevati in tutto il territorio comasco, testimoniati quasi quotidianamente da cittadini frustrati da quello che è ormai divenuto un mal funzionamento sistematico e costante della consegna della corrispondenza”.
“I centri di smistamento – scrivono i due parlamentari nel testo dell’interrogazione – molto spesso raggiungono il collasso con volumi enormi di posta in giacenza. E’ il caso, ad esempio, avvenuto qualche mese fa nell’ufficio di Dongo dove sono state registrate permanenze di posta superiori addirittura alla tonnellata. I ritardi nella consegna della posta, in particolare di bollette per utenze primarie come luce, gas e acqua si fanno ogni giorni sempre più pesanti e intollerabili per cittadini, famiglie, imprese. In città il recapito funziona a singhiozzo, la corrispondenza frequentemente viene bloccata e le linee di rientro per il ritorno delle raccomandate dagli uffici postali più distanti soppresse. A Cantù, Cucciago e Fino Mornasco la distribuzione ha cadenze molto irregolari, in genere una volta la settimana, le bollette recapitate già scadute o addirittura dopo l’arrivo dei solleciti, mentre per ricevere una prioritaria i tempi di attesa si allungano fino a tredici giorni. A Rovellasca i ritardi di lettere o fatture spedite anche nelle immediate vicinanze toccano i ventuno giorni. Nella Valle d’Intelvi e nel Ceresio capita abitualmente di rimanere per più di una settimana senza ricevere posta e i cittadini sono costretti a recarsi direttamente al centro di smistamento di riferimento per recuperarla”.
“A questo – spiegano Braga e Guerra – si sommano altre due questioni rilevanti. La prima, il peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti postali, sottoposti ad aumenti importanti dei carichi di lavoro da gestire in tempi sempre più stringenti a causa dell’aumento della posta in giacenza dovuto ai tagli sia dei giorni destinati al recapito che degli addetti alle consegne. La seconda, la mancata sostituzione dei portalettere assenti per malattia o ferie spettanti, con il rischio soprattutto nelle zone del centro e alto lago, dove il numero dei postini è già ridotto al minimo, di compromettere pesantemente il funzionamento dell’intero servizio di recapito”.
“Braga e Guerra concludono tracciando “Un quadro del servizio postale comasco allarmante che va sì principalmente riferito all’adozione del nuovo modello di consegna a giorni alterni ma che rientra in una più ampia e completa politica aziendale di Poste Italiane spa fatta di riorganizzazione, razionalizzazione e taglio del servizio postale. Una ristrutturazione che dà sempre più l’idea di voler seguire, visto anche i numeri positivi e in costante crescita degli utili e dei ricavi dell’azienda, logiche esclusivamente finanziarie e di economicità, ponendo in secondo piano l’universalità, la capillarità e la qualità del servizio postale e quindi il diritto dei cittadini a ricevere un effettivo e puntuale servizio di recapito”.
Dunque, questa settimana non ho ricevuto posta.
Niente di niente.
Né riviste, tra cui una che ricevo in modalità Postapress24ore e che evidentemente è finita fra i santini, alla faccia delle numerose nonché fantasiose definizioni di inoltro, né altro.
E’ ovvio che a questo punto sia lecito pensare che ci sia una volontà tesa a non far recapitare la corrispondenza, volontà che, a mio modo di vedere, può essere interpretata come interruzione di pubblico servizio.
La disorganizzazione – cronica – di Poste italiane, ok, ma anche una precisa volontà di rallentare, di parecchio, il servizio.
Non raccontiamoci balle.
I sindacati, sempre tanto loquaci, che ci dicono?
Possibilmente senza scaricare tutte le colpe sui vertici, come d’abitudine.
L’A.D. di Poste italiane, immagino benissimo retribuito, se c’è, batta il classico colpo.
Oppure, se non è in grado di rimediare al disastro, si dimetta.
Sì, aspetta e spera…
P.S. Spero che Espansione voglia andare fino in fondo alla questione.
Ma non ascoltando il solito sindacalista o il dipendente, i quali evidentmente raccontano quel che fa loro comodo, bensì seguendo tutto il percorso della corrispondenza, chessò, dal centro di lavorazione di Roserio, per esempio, fino a Como.
Vuoi vedere che finalmente ci si capirà un qualcosa?
temo per lei che invece le colpe siano della dirigenza eccome..non certo del portalettere che le assicuro..fa quello che può. Se a Como manca personale la colpa di chi dovrebbe essere?
Se lei è un portalettere, mi scuso in anticipo per il tono del mio intervento.
Il personale di Poste italiane non ha mai brillato per efficienza nello svolgimento del proprio lavoro. Con le dovute, e forse anche non poche, eccezioni.
Ma il problema di fondo resta.
Poste italiane sono sempre state un terreno di pascolo di politici e sindacati: i primi per voto di scambio, i secondi per tesseramenti e dunque per maggiori incassi e potere.
L’efficienza e la produttività non è mai stata in cima agli interessi della dirigenza, nominata per esclusivi meriti “partitici”, né dei dipendenti.
Potrei raccontarle numerosi espisodi di clamorosi disservizi di cui sono stato vittima nel corso degli anni, disservizi non certamente imputabili alla dirigenza bensì alla scarsissima professionalità dei dipendenti.
Le racconterò però il caso del figlio liceale di un mio amico che nei mesi estivi era stato assunto, proprio a Como, come portalettere momentaneo.
Ebbene, la formazione era consistita in questo:
corrispondenza in mano, anzi nella borsa e…subito per strada.
La soluzione, a mio modo di vedere, sarebbe quella di togliere a Poste italiane il monopolio della corrispondenza, introducendo anche qui la concorrenza esattamente come succede con il recapito dei pacchi.
la concorrenza esiste già..da anni..e non brilla certo per professionalità. Solo a Como sono ben tre le società private che si occupano di recapito. Manca un contratto collettivo nazionale ed è un far west..con ragazzi assunti a cottimo e sfruttati fino allo stremo…. costretti a usare i propri mezzi per consegnare..senza la minima conoscenza del territorio. Su alcuni dei suoi appunti mi trovo anche d’accordo…ma se sprechi e inefficienza ci sono io li imputo sempre e comunque a chi dirige e dovrebbe controllare che il lavoro venga svolto in modo corretto.
E allora le racconto questo episodio che mi riguarda personalmente:
alcuni anni fa aspettavo da un importante ente milanese una raccomandata fondamentale per me.
Una raccomandata AR, che risultava spedita da diversi giorni, come mi era stato confermato dall’ufficio competente.
Dopo ripetuti contatti fra l’ente e il sottoscritto, finalmente da Milano avevano contattato il centro di Roserio, se non ricordo male
Ebbene, si scopre che la mia raccomandata era lì.
Purtroppo, a causa di un errore tecnico della macchina che instrada la corrispondenza, era finita negli ingranaggi che avevano sporcato il nominativo rendendolo praticamente illeggibile, si leggeva a malapena il cap e la località.
Ma a Roserio si lambiccavano il cervello sul da farsi, e questo per ben 30 TRENTA giorni.
Bastava invece, come aveva loro fatto notare l’ente milanese, che avessero contattato il mittente, ben chiaro e leggibile sulla busta, fornito non solo di indirizzo ma pure di numero telefonico, per risolvere il busillis.
A quel punto era tutto chiaro, l’istradamento fu fatto A MANO e la raccomandata ar arrivò nelle mie mani, un po’ malconcia anzi che no.
Questo io lo chiamo mancanza di professionalità, diciamo pure menefreghismo.
E la dirigenza non c’entra nulla, in quanto il dipendente, anche al più basso livello gerarchico, è pur sempre dotato di un cervello…
È il socialismo signori, pagare tutti di più per avere meno servizi.
Evviva
Il socialismo non c’entra.
C’entra invece il vezzo tipicamente italiano, soprattutto centro sud, della raccomandazione, della camarilla, del voto di scambio, del familismo con le nefaste conseguenze di cui le Poste sono un valido esempio.
L’Italia non ha mai conosciuto il socialismo, intendo la socialdemocrazia nord europea.
Anche perché a noi manca del tutto il senso dello stato, il rispetto per la res publica, in definitiva non siamo cittadini adulti, consapevoli, responsabili, ma, di volta in volta, sudditi, tifosi, furbastri.