Esattamente 10 anni fa, quel conteggio e quell’enorme pulsantone rosso pigiato dall’allora sindaco Stefano Bruni, avrebbero dovuto portare Como in una nuova era. Al termine di un spettacolo pirotecnico tanto contestato – cadde infaustamente nel Giorno della Memoria del 2007 – quanto affollatissimo e fatuo nelle sue conseguenze, enormi tenaglie iniziarono a fare a pezzi ciò che un un tempo fu la grande Ticosa. Nel volgere di un paio di mesi, dell’immenso e desolato Corpo a C rimasero macerie e frattaglie d’amianto. Ma, purtroppo per Como, come dai diamanti non nasce niente, nemmeno da quella polvere di stelle e ambizioni non è mai spuntato nemmeno un fiorellino.
Giova ricordare come si arrivò ai botti di quel 27 gennaio: Multi, una potentissima azienda olandese, aveva vinto l’appalto per costruire un pezzo di futuro alle soglie del centro: si cominciò a sognare un nuovo quartiere fatto di torri, immensi parcheggi, negozi, residenze, tanto verde, un tunnel da via Grandi alla Questura. Spiccioli di grandeur: la Grande Crisi economica, qualche scellerata scelta dell’allora centrodestra e l’impasse sull’amianto, già un paio d’anni dopo avevano inghiottito speranze e costruzioni.
Era, ancora una volta, l’inizio della fine. O meglio la fine dell’ennesimo, possibile inizio.
Il progetto da 60 milioni di euro di Multi non è mai sfuggito alla carta dei rendering, nemmeno un secondo, nemmeno per regalare un millimetro cubo di ricostruzione.
Intanto, gli anni sono passati, le amministrazioni anche. Al ventennale impero berlusconiano-ciellino, nel 2012 a Palazzo Cernezzi si è sostituita la rivoluzione arancione del mite Mario Lucini. A lui e all’assessore Lorenzo Spallino, i comaschi affidarono le speranze di uscire da un pantano chiamato Ticosa.
Ma il passato, ancora una volta, s’è mangiato il futuro.
Risultato, dieci anni dopo il pulsantone rosso: un’enorme e desolata landa capace di inghiottire 6 milioni e mezzo per una bonifica che doveva costarne meno di 2. Famelica di slogan e di soldi: questa, oggi, è la Ticosa. Speranze bruciate, come la Santarella un anno fa. E la giostra, con il prossimo sindaco, può ripartire.