Arrivato, almeno in apparenza, vicino a un possibile accordo per dirsi addio consensualmente, il rapporto tra Comune di Como e Multi Investment, la società che si aggiudicò l’area Ticosa nel 2006, rischia di riaccendersi soltanto nelle aule di Tribunale.
Come noto, nell’ottobre del 2016 la multinazionale propose a Palazzo Cernezzi un’intesa per stoppare ogni progetto sull’area di via Grandi ma nel contempo senza innescare nuovi contenziosi.
I punti qualificanti della transazione proposta dai privati all’amministrazione erano: la risoluzione consensuale del contratto firmato nel 2006 e la rinuncia sia da parte della stessa Multi sia da parte del Comune a qualsiasi richiesta risarcitoria; la restituzione da parte dell’amministrazione a Multi dei 450mila euro versati a titolo di caparra e la rinuncia del Comune ad escutere la fidejussione da 3 milioni depositata a suo tempo dai privati.
Ma proprio su queste richieste la trattativa per il divorzio consensuale si è definitivamente arenata. Per dire no all’ipotesi di accordo, il Comune ha fatto leva sui danni milionari che – a conti fatti – subirebbero le casse municipali: tra questi, innanzitutto il mancato incasso della somma per l’acquisto dell’area da parte di Multi, circa 15milioni di euro; poi le spese della bonifica, arrivate all’astronomica cifra di oltre 6 milioni e mezzo di euro, e una serie di altri esborsi per l’iter della pratica.
Infine, e questo è l’elemento nuovo che emerge ora, Palazzo Cernezzi accusa esplicitamente i privati “del danno di immagine per una città che attende, quantomeno dal 2010, il completamento del progetto”
E così, anche scaricando sulla multinazionale l’offuscamento dell’immagine cittadina a causa della palude in via Grandi, il 22 dicembre scorso il Comune ha respito senza appello ogni possibile accordo bonario. L’arbitro della contesa sarà dunque il tribunale.