(V. ‘Mani di clan etneo sulle aste giudiziarie…’ delle 06.43) (ANSA) – CATANIA, 15 APR – Ci sono anche il sindaco di Paternò, Antonino Naso, eletto con delle liste civiche nel giugno del 2020, e un ex consigliere comunale ed ex assessore, Pietro Cirino, e un assessore dell’attuale giunta, Salvatore Comis, tra gli indagati dell’operazione ‘Athena’ dei Carabinieri. Il reato ipotizzato, in concorso con due presunti esponenti del clan Morabito legato alla ‘famiglia’ Laudani di Catania, Vincenzo Morabito e Natale Benvenga, è di scambio elettorale politico-mafioso. Cirino è tra i quindici destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il gip ha disposto gli arresti domiciliari con l’uso del braccialetto elettronico per un indagato e il divieto di esercitare la professione per un anno nei confronti di un avvocato. Per il legale è stata esclusa l’aggravante mafiosa. E’ quanto emerge dall’inchiesta Athena, con 56 indagati, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, che, grazie alle indagini dei Carabinieri della compagnia di Paternò, oltre a fare luce sulle dinamiche criminali e sugli elementi di vertice del gruppo Morabito-Rapisarda operativo a Paternò e riconducibile al clan catanese Laudani, ha fatto emergere anche gli interessi dell’organizzazione nel controllo sistematico delle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa. L’inchiesta tratta anche presunte infiltrazioni nel voto delle amministrative scorse a Paternò con un presunto aiuto del clan Morabito ai tre amministratore indagati. Per gli ammnistratori la Procura aveva chiesto un provvedimento cautelare che è stato rigettato dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo che ritiene sia da escludere la sussistenza dei necessari gravi indizi di reato riguardo alla posizione del sindaco Naso. Secondo il gip l’assunzione di due persone vinco alla cosca in un’azienda che si occupa di rifiuti e il presunto il sostegno elettorale "non appaiono prospettabili" e, citando un provvedimento della Cassazione, ricorda che ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso è necessaria "la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso". (ANSA).