(ANSA) – MILANO, 12 APR – Alessia Pifferi era seguita già tra i "6 e gli 11 anni" dai servizi di neuropsichiatria infantile territoriale e aveva avuto già "una diagnosi funzionale di turbe psichiche e gravi ritardi cognitivi", certificata "da una cartella clinica che abbiamo recuperato ieri grazie al Policlinico". Lo ha spiegato l’avvocato Alessa Pontenani, che difende la 38enne in carcere per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di quasi 18 mesi nel luglio 2022, abbandonandola in casa da solo per sei giorni. La difesa ha chiesto ai giudici un’integrazione della perizia psichiatrica, che aveva già certificato la capacità di intendere e volere della donna. Con questi documenti e con quelli scolastici, che dimostrano che "aveva un insegnante di sostegno", la difesa punta a ribaltare l’esito della perizia e ha chiesto una nuova valutazione sulla base di quelle carte che dimostrano "il suo grave deficit cognitivo" che aveva "sin da bambina". Lei "aveva il ciuccio fino a tarda età e un bavaglino sempre con sé". Il pm Francesco De Tommasi ha chiesto il rigetto della richiesta della difesa per "mettere la parola fine" a questa fase di accertamento psichiatrico, anche perché questa documentazione "non può cambiare la conclusione della perizia", perché dalle carte non si evincono "quali siano problemi patologici ma si parla solo di problemi di apprendimento, una situazione molto diffusa tra i bambini". E ancora: "Noi dobbiamo giudicare Pifferi oggi e cosa ha fatto in quella settimana maledetta". La Corte d’Assise ha detto sì all’acquisizione di quei documenti e ora deve decidere se accogliere l’istanza di integrazione della perizia. (ANSA).