Anno nuovo, altro capitolo dell’infinita operazione di bonifica dell’area Ticosa. Questa volta, però, la speranza che per il Comune di Como il prossimo possa rivelarsi l’ultimo passaggio prima di chiudere formalmente un intervento che si trascina – tra studi e analisi vere e proprie – da quasi 10 anni.
Il nemico numero uno questa volta non è nei terreni ma nelle acque che scorrono sotto l’ex area industriale e ha un nome ben preciso: arsenico. E’ soprattutto questa la sostanza presente in concentrazioni eccessive e fuori norma per cui Palazzo Cernezzi deve condurre un supplemento di indagine.
Questa volta, però, due sono le novità del percorso: la prima è che ogni mossa è fatta in collaborazione con Regione Lombardia, la seconda è che in Comune entrerà in servizio a breve un geologo assegnato al settore Ambiente che potrà occuparsi direttamente e in tempi rapidi della questione bonifica.
Intanto, per dare la caccia all’arsenico, è stato aperto un bando pubblico che scadrà il prossimo 25 gennaio e tramite cui sarà selezionata l’impresa che condurrà materialmente le nuove indagini. Nel terreno dell’area Ticosa sarà collocata un’altra decina di piezometri per rilevare le sostanze presenti nelle acque, la loro concentrazione ma soprattutto la loro provenienza. Perché la partita sulla chiusura in tempi brevi o meno della bonifica – che tra l’altro va di pari passo con le chances di riapertura temporanea di un posteggio sull’area – si giocherà tutta sull’origine dei veleni.
Se le rilevazioni indicheranno un punto preciso e ben identificato dentro la zona, allora Palazzo Cernezzi sarà chiamato all’ennesimo cantiere per la pulizia perché questo significherà che è proprio lì la fonte dei veleni. Se invece – come si spera tra Como e Milano – le analisi indicassero fonti esterne all’area Ticosa come origine degli inquinanti, allora il problema non sarebbe risolto in assoluto ma non servirebbe un intervento specifico, lungo e costo sul sito. E così, forse, si potrebbero finalmente avviare i collaudi delle bonifiche già effettuate e chiudere una volta per tutte questo calvario durato una decade alla modica cifra di 6 milioni e mezzo di euro.