(ANSA) – GENOVA, 16 MAR – Assente dalle scene genovesi da sessant’anni, è tornata ieri sera al teatro Carlo Felice "Beatrice di Tenda", penultimo titolo nella non fitta produzione di Bellini, dopo "Norma" e prima di "Puritani", lontana da entrambe per esito artistico. Scritta su libretto di Felice Romani, "Beatrice di Tenda" non appartiene in effetti al miglior Bellini che alle prese con una drammaturgia estremamente statica ha costruito una partitura contrassegnata da solido mestiere, ma priva di quelle intuizioni geniali che si ritrovano nei suoi capolavori. Il primo atto scorre senza scosse particolari, il secondo si riabilita grazie alla grande scena del processo e allo scontro fra le due donne, interrotto dallo splendido canto fuori scena di Orombello che anticipa chiaramente l’analogo slancio lirico di Manrico nel "Miserere" del "Trovatore". L’allestimento visto ieri è una coproduzione fra Genova e la Fenice di Venezia. La scena di Emanuele Sinisi propone un castello diroccato, con le mura squarciate, simbolo, ha spiegato il regista Italo Nunziata, di un decadimento ineluttabile della corte dove tutto è ormai segnato già dall’apertura del sipario. Una soluzione comprensibile ma che ha accentuato il senso di staticità dell’opera anche perché il lavoro della regia si è limitato a coordinare entrate e uscite dei personaggi senza particolari "guizzi". Sul podio Riccardo Minasi ha diretto con il consueto vigore, a tratti esasperando forse eccessivamente i volumi con qualche squilibrio con il palcoscenico, anche sul piano ritmico, ad esempio, nel primo atto, in alcuni crescendo corali. Lodevole il cast dominato da Angela Meade, un soprano dalla voce straordinariamente elegante e duttile. Accanto a lei Carmela Remigio è stata una irreprensibile Agnese; Mattia Olivieri ha restituito con passione la figura di Filippo, Francesco Demuro ha vestito con generosità i panni di Orombello. Applausi finali calorosi qualche piccolo dissenso per i firmatari della parte visiva. Prima replica domani, ore 15. (ANSA).