Luna Park di Como, la battaglia non si ferma ed è pronta ad approdare in Regione Lombardia. Un gruppo di giostrai ha chiesto, infatti, un incontro al governatore Attilio Fontana per spiegare quanto accaduto in città, per cercare di trovare una soluzione e poter lavorare. Si attende di capire se il presidente o qualche altro esponente della giunta risponderà.
Intanto si attente anche il pronunciamento del Consiglio di Stato interpellato sulla vicenda dopo la bocciatura del Tar regionale. Il braccio di ferro tra i giostrai e il Comune di Como va avanti ormai da mesi. Le attrazioni solitamente sono ospitate nell’area di Piazza d’Armi nel quartiere di Muggiò nel periodo di Pasqua. Ma da quest’anno non ci saranno.
Per comprendere quanto sta accadendo bisogna tornare a un anno fa, quando la giunta cittadina decretò il ridimensionamento della superficie a disposizione, passando da oltre 20mila metri quadrati a poco meno di 5mila. Il motivo di questo cambiamento va ricercato nello sviluppo futuro di tutta la zona sportiva che attende da anni una riqualificazione. Ad oggi però nessun cantiere è avviato, questa una delle obiezioni mosse. E anche le parole del sindaco, più volte ribadite, sull’avere comunicato la decisione un anno prima per consentire alle famiglie una riorganizzazione, vengono respinte al mittente.
I giostrai chiedono di fermare il provvedimento. Il Luna Park nel periodo pasquale impegna 58 famiglie e dà lavoro a circa 250 persone. Ma l’amministrazione comunale da quest’anno assegna lo spazio per 7 giostre più uno per la ristorazione. In precedenza le giostre erano 64 più 5 banchi gastronomici. A fronte di questa consistente riduzione il bando comunale va deserto.
Il Tar, terminata la sua istruttoria, ha rigettato la richiesta di sospensiva della delibera di giunta (la sentenza è del 25 gennaio 2024) perché la decisione di non partecipare al bando avrebbe significato la mancanza di interesse alla manifestazione. “Ma perché mai avremmo fatto ricorso al Tar se non fossimo stati interessati?” avevano detto i rappresentanti della categoria. Da qui il nuovo ricorso, questa volta in Consiglio di Stato, con la richiesta di annullare la delibera del marzo scorso per poter tornare a lavorare.