(ANSA) – MILANO, 29 FEB – Più buone notizie per migliorare l’umore e vedere ciò che di positivo c’è nel quotidiano, dalla famiglia, all’amore, all’amicizia, fino ai piccoli gesti quotidiani. Otto italiani su dieci sentono questa necessità perché hanno la percezione che ci sia una netta prevalenza di notizie negative sul mondo diffuse dai media, lo pensano sette persone su dieci, con una conseguenza sullo stato d’animo tra pessimismo e preoccupazione (quasi 4 italiani su 10). Lo rileva la ricerca demoscopica di AstraRicerche ‘Un mondo più buono’ commissionata da Mulino Bianco che punta a cambiare il punto di vista del quotidiano per ricordare agli italiani che il buono esiste. A sostenere il messaggio è una campagna di comunicazione dal titolo ‘C’è un mondo più buono’. A colpire maggiormente l’umore degli italiani sono le notizie di cronaca nera (43%) contro le storie di altruismo, di generosità e di bontà (19,2%), le notizie di attualità internazionale (14,6%) e nazionale (12,3%). Se per il 39,7% non è sempre facile vedere il buono nel mondo circostante, 1 italiano su 4 ci riesce abbastanza. Nonostante la percezione degli intervistati sul mondo che li circonda sia comunque riconducibile ad una realtà non facile, rimangono maggioritari i sentimenti positivi, come la curiosità (58,1%), l’interesse (52,9%), l’entusiasmo e l’eccitazione (37,7%). Quando le notizie diffuse dai media sono positive, oltre 6 italiani su 10 riconosce una diretta conseguenza positiva sull’umore. Tra le notizie buone che gli italiani desiderano ricevere nel 2024 ci sono una maggiore disponibilità economica (22,4%), uno stato di salute migliore proprio e/o dei propri cari (17,9%). Mentre a livello universale oltre 4 italiani su 10 citano il cessare delle guerre. Il momento in cui gli italiani si informano è il mattino, per oltre 4 su 10. I canali con maggior presenza di notizie positive sono senza paragoni quelli digitali: per 1 italiano su 2, internet (siti Web, siti di giornali, portali) è la fonte principale, seguita dai social networks (41,4%). Segue, con indicazioni decisamente più contenute, la tv (31,9%). (ANSA).