Le parole del nuovo vescovo al sindaco e alla città, nell’incontro a Porta Torre:
“Caro signor Sindaco: sono lieto di incontrarla mentre mi accingo a iniziare ufficialmente il ministero episcopale in questa amata città di Como, che, come Lei Sa, è la mia patria d’origine, il luogo della mia formazione, il primo campo di impegno sacerdotale, durante il quale ho avuto la possibilità di conoscere anche Lei e la sua famiglia.
La ringrazio vivamente per l’accoglienza cordiale che mi ha riservato e per gli auguri sinceri che mi ha rivolto.
Attraverso di Lei, vorrei qui raggiungere tutti i cittadini comaschi, sia quelli originari di questa terra, sia quanti, nel corso degli anni, si sono aggiunti, provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo.
Como è diventata una città multietnica, perciò multiculturale e multi religiosa. vorrei far pervenire a tutti il mio augurio di pace, di prosperità e di gioia. Al di là del credo religioso di ciascuno e anche degli orientamenti personali, vorrei che questo saluto fosse inteso come l’espressione della simpatia che nutro verso tutte le persone, essendo tutti figli amati da Dio e perciò nostri fratelli.
La Chiesa cattolica che è in Como è da sempre in prima linea per realizzare un umanesimo che promuova la dignità, il rispetto e il benessere di tutti, con una speciale attenzione a tutte quelle realtà umane in cui si sperimenta povertà, ignoranza e degrado.
Coltivando una antica consuetudine, la Chiesa, con i suoi organismi, è sempre a disposizione per collaborare lealmente per il bene comune e nello stesso tempo per stimolare le diverse parti perché siano promossi, difesi e realizzati i diritti di tutti, soprattutto dei più poveri, dei più deboli e svantaggiati.
Una prova di questo impegno è il coinvolgimento delle comunità Cristiana cittadine, le Comunità religiose, coordinate dalla Caritas, nell’assistenza ai migranti, l’estate scorsa, con una attiva collaborazione con le istituzioni civili (prefettura, Forze dell’ordine, servizi sociali), durante un periodo, non ancora concluso, quando si è realizzata la massima affluenza di migranti e di richiedenti asilo politico presso la Stazione San Giovanni.
So bene che il governo di una città richiede passione, lungimiranza, confronto critico sereno, capacità di dialogo con le diverse parti, e i problemi annessi alle diverse realtà sono molteplici e di non facile risoluzione. auguro a Lei e a tutti gli Amministratori tanta saggezza e capacità di collaborazione per poter individuare le soluzioni possibili per venire incontro alle più dei sparate situazioni.
Como è un crocevia dentro l’Europa, perciò è una città aperta al turismo, agli scambi commerciali internazionali, agli studi universitari. Richiede scelte condivise nel solco del bene comune, con uno speciale richiamo a difendere e promuovere quei valori irrinunciabili della nostra civiltà che auguro siano difesi e promossi per non rinunciare alla nostra identità, che riflette le radici cristiane che hanno fin qui guidato il nostro umanesimo.
La crisi economica, fenomeno universale, ha lasciato il segno anche nella città di Como con l’impoverimento delle famiglie, e la crescita dell’emarginazione sociale di chi non ha lavoro, degli anziani soli, dei giovani privi di futuro. Nell’impegno non solo di adoperarsi per le soluzioni immediate, ha anche per affrontare le conseguenze sociali e politiche generate da queste situazioni , conti sulla presenza positiva è a volte stimolante delle nostre Comunità cristiane”.
L’omelia in Duomo:
Sorelle e fratelli amati da Dio padre,
Discepoli del Signore, che camminate alla sua sequela nei diversi stati di vita,
Voi tutti, figlie e figli di Dio, che gridate “abba’-padre”, perché animati dallo Spirito Santo:
Abbiamo iniziato questa celebrazione ricevendo l’ augurio fecondo della grazia e della pace, nella consolante certezza che Dio padre effonde veramente su ciascuno di noi, attraverso Cristo, suo Figlio, nello Spirito Santo, il suo amore (la grazia) e la pienezza di tutti i beni (la pace).
Noi, qui presenti in questa cattedrale, accogliamo con gioia e gratitudine questa gratuita iniziativa di Dio, ma insieme ci impegniamo a ritrasmetterla, perché i doni di Dio si estendano e raggiungano tutti i fratelli e le sorelle nella nostra vasta Diocesi, dalla città di Como alla bassa Comasca, fino alle Valli Varesine, dal Lago alla Val d’Intelvi, dalla Val Chiavenna alla Valtellina.
Il Signore precede con il suo amore anche i fedeli della santa Chiesa di Crema, qui degnamente rappresentati da presbiteri, diaconi e vari laici, giovani compresi, che hanno voluto, ancora una volta, sostenermi con il loro affetto e così riconsegnarmi alla Chiesa di Como, della quale oggi sono diventato padre.
Grazie e pace anche agli altri amici sacerdoti, alle persone consacrate, ai laici e alle laiche qui presenti, alle autorità civili e militari, ai giornalisti, come anche ai padri vescovi, che testimoniano la fraternità episcopale che vige tra noi e la sollecitudine collegiale per tutte le Chiese.
Non è un caso se la Provvidenza ha fatto in modo che iniziassi il mio ministero episcopale tra noi in questa domenica, prima di Avvento.
L’Avvento ci obbliga a ridefinirci come cristiani.
Chi siamo?
Siamo un popolo pellegrinante sulla terra, che va incontro al Signore che viene, un popolo che cammina “nella luce del Signore”, quindi che fa della speranza la dimensione fondamentale del nostro vivere.
Un popolo non ripiegato sul passato, in un eterno ritorno, come se al concludersi di un anno liturgico, tutto ritornasse nuovamente da capo. Noi oggi siamo protesi verso il futuro, perché attendiamo nella speranza il Signore che viene, consapevoli che in Lui troviamo la pienezza di tutte le nostre attese.
Illuminati dalla grazia dell’ Avvento, siamo dunque chiamati a ricominciare, perché in questo si caratterizza la vita cristiana, come già sottolineava s.Gregorio di Nissa: “La vita cristiana va di inizio in inizio, attraverso inizi che non hanno fine“.
Ricominciamo il nostro cammino incontro al Signore che viene in questo oggi, diverso da ieri, in questo tempo, travagliato e complesso, ma anche ricco di potenzialità ancora inespresse, in fedele continuità, però, con il cammino di fede percorso fin qui, in una storia di santità, condotta dallo Spirito santo e noi, in questi anni trascorsi, nonostante fragilità e debolezze.
Ed è bello e significativo, a questo punto, ricordare il Pastore che mi ha preceduto su questa cattedra e al quale rivolgo il mio cordiale e riconoscente saluto, il caro vescovo Diego.
È attraverso il suo servizio appassionato che la Chiesa di Como è avanzata in questi anni fin qui ed ora mi è affidata per aiutare i cristiani a progredire ulteriormente nel cammino della fede ed essere così lievito e sale, a servizio del mondo in cui viviamo, in questo nostro vasto territorio.
Oggi registriamo, quindi, l’ inizio di una nuova avventura spirituale, prima che pastorale, che non può essere solo mia, ma che coinvolge tutti, chiunque siamo e dovunque ci troviamo a vivere.
Nella multiforme situazione sociale ed ecclesiale della nostra diocesi convivono ricchezze e povertà, persone colme di sapienza e altre prive di risorse, famiglie aperte all’accoglienza e non poche famiglie ferite, giovani impegnati in vari settori, come nel volontariato sociale, insieme ad altri senza prospettive di lavoro e quindi privi di dignità e senza futuro.
Oggi, prima domenica di Avvento, è l’inizio di un nuovo cammino per sognare, desiderare e costruire insieme una Chiesa sinodale, pienamente inserita nella storia di oggi, che guarda con simpatia gli uomini del nostro tempo, con le loro aspirazioni e i loro drammi, che non giudica, ma che accoglie, una Chiesa misericordiosa, che si sa coinvolgere per aiutare i feriti della vita, per soccorrere chi è scartato dalla società, per esercitare l’ospitalità verso i migranti e i rifugiati, una Chiesa serva che, senza volerlo, con questo dinamismo, diventa attraente e contagiosa, testimone di Colui che è venuto non per essere servito, ma per servire.
Vi invito a sognare tutti una Chiesa così, frutto di una comune e generosa assunzione di responsabilità, in cui i cristiani coltivano un clima di fiducia e di stima reciproca, di ascolto umile e paziente, promuovono uno stile di accoglienza rispettoso della diversità, e rinunciano alle sempre insidiose tentazioni del maligno, che sottolinea invece malumori e pessimismo.
Un nuovo inizio implica che ciascuno ricominci un serio cammino di conversione per rigettare da sè, prima che dagli altri, ogni mondanità e scegliere decisamente uno stile nuovo, con la forza dello Spirito Santo, che generi serenità e pace, condizione perché la comunità cristiana sappia coinvolgere e appassionare i giovani con il loro contributo e promuovere un clima di vera fraternità tra parrocchie, famiglie, gruppi, associazioni e movimenti, nella valorizzazione e col contributo di tutti, a partire da un presbiterio che diventa specchio di unione fraterna.
In una Chiesa così, il vescovo ha il compito di favorire e sviluppare la crescita dei carismi di ciascuno e di coordinarli per il bene di tutta la Comunità, sentendosi condiscepolo, prima ancora che sposo e padre. La grazia che chiedo per me al Signore è quella di rinunciare ad ogni distanza per accompagnarvi e sostenervi nelle difficoltà e nelle gioie, come un vero padre, ad immagine del Padre celeste, a partire da una vicinanza con i sacerdoti.
Con la grazia dello Spirito Santo, allora, progrediamo insieme, come popolo di Dio. Facciamo cioè un passo avanti, con umiltà e semplicità. “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Vuole arrivare all’ umanità soltanto attraverso la fede dei suoi fedeli ai quali si manifesta.” (Benedetto XVI).
Avanziamo, quindi, incontro al Signore che viene con coraggio e fiducia, sostenuti dal reciproco amore fraterno.
Non è questo già il tempo della visione, è ancora il tempo della fede.
Camminiamo, quindi, nella fede e giungeremo alla visione!
È l’avventura cristiana che sempre ricomincia.