L’ultima sentenza – almeno fino alla prossima, che quasi certamente ci sarà – è della sezione quarta del Tar, il tribunale amministrativo regionale, della Lombardia. In estrema sintesi, il Tar accoglie il ricorso dell’Associazione Culturale Assalam di Cantù contro il Comune e annulla il provvedimento impugnato dagli islamici, ovvero l’acquisizione del capannone di via Milano a patrimonio pubblico.
Il municipio, sempre per dirla in modo semplice, per il Tar avrebbe dovuto attendere la definizione dell’iter legato al permesso di costruire presentato da Assalam prima di procedere con la procedura di acquisizione dell’immobile.
Difficile non perdere il filo di una vicenda che prosegue dal 2014. Un braccio di ferro infinito tra islamici e Comune di Cantù sull’immobile, di proprietà di Assalam, utilizzato per attività culturali e per celebrare il Ramadan. Semplicemente, per l’amministrazione della Città del Mobile, un luogo di culto non autorizzato.
Posizioni inconciliabili, che si sono tradotte in una battaglia legale senza fine. Nell’ultima sentenza, per dare un’idea, il Tar scrive: “L’immobile è stato al centro di una complessa vicenda giudiziaria che, per quanto d’interesse, può essere sintetizzata così”. Segue un riassunto di oltre tre pagine che parte dal 2014 e cita un lungo elenco di richieste, ordinanze, ricorsi, provvedimenti impugnati, sentenze, atti annullati. Almeno dieci i pronunciamenti dei giudici che segnano le tappe della vicenda.
La certezza è che il braccio di ferro continua ad impegnare legali, giudici, personale amministrativo. Naturalmente, non a costo zero. Elemento non certo irrilevante per il contendente pubblico dell’infinita battaglia. Destinata quasi certamente a proseguire. Difficile infatti immaginare che l’ennesima sentenza del Tar possa essere l’ultima di questa vicenda. Questo, nonostante nell’atto si legga “Il Tar definitivamente pronunciando sul ricorso”.
Di definitivo infatti, dal 2014 in questa vicenda ormai paradossale non c’è proprio nulla. Se non la determinazione del Comune a cancellare quello che ritiene un luogo di culto abusivo. E l’analoga determinazione degli islamici nel rivendicare il diritto ad un luogo di culto.