(ANSA) – ROMA, 18 DIC – "L’ultima volta che ho potuto comprare il latte per la mia bambina è stato due mesi fa. Normalmente riempio semplicemente il biberon con il tè. Oppure metto a bagno il pane nel tè e poi glielo do da mangiare," dice Sohaila Niyazi, seduta sul pavimento della sua casa di mattoni di fango su una collina nella parte orientale di Kabul, in Afghanistan. La sua storia, raccontata dalla Bbc, è una storia difficile: Sohaila è una vedova, ha sei figli, la più piccola è una bambina di 15mesi. Nel tè non ci sono nè latte nè zucchero, non ha alcun valore nutritivo. Sohaila è una dei 10 milioni di persone che nell’ultimo anno hanno smesso di ricevere assistenza alimentare di emergenza dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, tagli resi necessari da una massiccia carenza di finanziamenti. È un duro colpo, soprattutto per i due milioni di famiglie nelle mani di donne sole in Afghanistan. Sotto il dominio talebano Sohaila non può andare a lavorare per poter nutrire la sua famiglia. La donna racconta di giorni interi senza cibo, in attesa della carità di qualche vicino. Per calmare la sua bimba affamata le dà quella che definisce la ‘medicina per il sonno’ : "in modo che non si svegli e chieda il latte perché non ho latte da dargli. A volte controllo per vedere se è viva o morta." La medicina è un comune antistaminico o antiallergico. La sedazione è un effetto collaterale. I medici affermano che sebbene sia meno dannoso dei tranquillanti e degli antidepressivi a dosi elevate il medicinale può causare difficoltà respiratoria. Ora il Pam afferma di essere in grado di fornire rifornimenti solo a tre milioni di persone, meno di un quarto di coloro che soffrono di fame acuta. E la situazione è la stessa anche per la Croce Rossa. (ANSA).