(ANSA) – MILANO, 29 SET – La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Alberto Genovese, l’ormai ex imprenditore del web già condannato a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni per violenze sessuali su due modelle, per le ulteriori accuse, tra cui altri episodi di abusi sessuali nei confronti di altre due giovani e con lo stesso schema, ossia con uso di cocaina, emerse dalla seconda tranche delle indagini. La richiesta, formulata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, a seguito delle indagini condotte dalla Squadra mobile, potrebbe portare a un altro processo per Genovese, anche accusato di intralcio alla giustizia e di detenzione di materiale pedopornografico. L’istanza di rinvio a giudizio, che dovrà essere vagliata dal gup, riguarda anche l’ex fidanzata Sarah Borruso (anche lei già condannata), coinvolta, secondo i pm, in alcuni casi di abusi con il 46enne. E pure l’ex braccio destro di Genovese, Daniele Leali, anche lui imputato per intralcio alla giustizia e per la cessione di droga negli ormai noti festini di Terrazza Sentimento. A Genovese, nel filone bis, vengono contestate più "ipotesi di violenza sessuale", tra il marzo 2019 e il novembre 2020, su una modella 22enne, in un caso anche "con la collaborazione" dell’ex fidanzata. Contestazioni che erano finite anche al vaglio del gip Tommaso Perna che per quei fatti (e per presunti abusi anche su un’altra ragazza), però, non aveva disposto una nuova misura cautelare, dopo che il 46enne era già stato arrestato il 6 novembre 2020 per gli ormai noti abusi su una 18enne nel suo attico di lusso a due passi dal Duomo. Genovese e l’ex fidanzata sono anche imputati per un tentativo di abusi su una 28enne nel febbraio 2020. L’accusa di intralcio alla giustizia (contestata anche a Leali) riguarda, invece, il tentativo di offrire, prima dell’arresto del novembre 2020, poche migliaia di euro alla modella 18enne (la prima vittima) in cambio di una sua ritrattazione su quelle 20 ore di abusi nella notte dell’ottobre 2020. L’ipotesi di detenzione di materiale pedopornografico, infine, riguarda la cartella chiamata "La Bibbia 3.0" nella quale la Polizia postale trovò immagini di minori. (ANSA).