(ANSA) – PADOVA, 13 LUG – Uno degli effetti del cambiamento climatico è la diminuzione dell’ossigeno disciolto negli oceani, con alterazioni dei cicli biogeochimici e impatti negativi sulla vita marina. Queste previsioni, tuttavia, si basano su valori di ossigeno disciolto medi nello spazio – su scale di decine di km – e nel tempo – su scale mensili-annuali -, trascurando il fatto che le aree più produttive degli ecosistemi marini come le barriere coralline, le praterie di piante acquatiche e le foreste di mangrovie mostrano enormi fluttuazioni di ossigeno nello spazio e nel tempo. Uno studio pubblicato su Nature Geoscience da un team internazionale di ricercatori , in cui ha collaborato anche l’Università di Padova, spiuega ora che per capire l’effetto del cambiamento climatico sui mari, è fondamentale considerare anche le forti fluttuazioni di ossigeno disciolto fra giorno e notte negli habitat marini altamente produttivi, dove si passa da condizioni di sovrabbondanza di ossigeno a condizioni di scarsità. Tali fluttuazioni avvengono anche nello spazio su piccole distanze; in prossimità di organismi fotosintetizzatori molto attivi come piante acquatiche, macroalghe o biofilm algali, ad esempio, vi possono essere differenze enormi di ossigeno disciolto anche spostandosi di pochi centimetri. Le forti fluttuazioni di ossigeno sono importanti per gli ecosistemi perché alterano la tolleranza degli organismi marini allo stress termico e all’ipossia (cioè a bassi livelli di ossigeno) e hanno un impatto sui cicli biogeochimici di carbonio, azoto e fosforo. La ricerca sottolinea la frequente presenza durante il giorno in questi habitat produttivi dell’ iperossia, cioè di condizioni in cui l’ossigeno disciolto in acqua raggiunge livelli anche molto al di sopra del livello di saturazione in equilibrio con l’aria. "Rispetto all’ipossia, – spiega Folco Giomi, del Joint Nature Conservation Committe – ora stiamo scoprendo che il suo impatto sulle comunità marine e sui cicli biogeochimici è rilevante. L’iperossia, ad esempio, è associata a una maggiore resistenza al calore in molti organismi marini e può influenzarne positivamente le prestazioni metaboliche" (ANSA).