(ANSA) – CASAL DI PRINCIPE (CASERTA), 11 MAR – "Proprio adesso non posso andarmene da Castelvetrano, altrimenti vorrebbe dire darla vinta a quelli che avrebbero voluto farmi saltare in aria. Anzi sono loro che se ne devono andare". A Casal di Principe (Caserta), terra per decenni in mano alla camorra, Giuseppe Cimarosa, 40enne figlio di una cugina diretta del capomafia Matteo Messina Denaro, parla della sua storia di coraggio e determinazione nel restare dalla parte della legalità contro tutto e tutti, la famiglia, i compaesani, sfidando l’isolamento, gli sguardi e i commenti più cattivi ogni giorno a Castelvetrano, altra terra di mafia. Rinunciando inoltre alla "sicurezza" della scorta. "Il boss non l’ho mai visto eppure la sua presenza è stata ‘tanto vicina’ da guastarmi la vita" dice Cimarosa, che vive ancora a pochi passi da dove il boss è stato stanato. Un racconto reso al convegno "Coraggio, gente!" organizzato in vista del 29esimo anniversario dell’omicidio di Don Peppe Diana in un luogo simbolo del riscatto dalla camorra, Casa Don Diana, bene confiscato dove ha sede il comitato che prende il nome dal sacerdote, e dove sono affisse le foto di tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata; un convegno che ha fatto incontrare due testimonianze civili, quella di Cimarosa e di Augusto Di Meo, presente quando Don Diana fu ucciso ma mai riconosciuto come testimone di giustizia. Due testimonianze per lanciare il messaggio che "si può andare avanti anche in società mafiose". "Anzi si deve andare avanti" dice Cimarosa, che vive con la madre e la nonna, "due vere eroine su cui andrebbero fatti i film, mentre in tv vedo solo programmi, penso a Gomorra e Rosi Abbate, che mitizzano i boss, che andrebbero ridicolizzati. Tali programmi andrebbero vietati". "Mia nonna e mia zia sono vere eroine, perché hanno rotto consuetudini e modi di pensare radicati, a differenza delle quattro sorelle di Messina Denaro, donne di mafia, penso a Rosetta arrestata pochi giorni fa, piu spietate dei mafiosi". (ANSA).