(ANSA) – UDINE, 17 GIU – I primi computer quantistici, Nisq (Noisy intermediate-scale quantum), già esistono e li stanno sviluppando alcuni dei principali player dell’industria ICT a livello mondiale, ma "si tratta di computer con un centinaio di qubit ancora troppo rumorosi, cioe’ fanno ancora ‘troppi errori’ per potersi fidare del risultato". Tuttavia, "l’era NISQ finirà quando avremo un oggetto con circa 10mila qubit e con una sufficiente correzione automatica degli errori". Dunque per avere dei computer quantistici, "secondo i più ottimisti basteranno dieci anni, più cautamente direi che i più giovani di noi vedranno un computer quantistico in opera". Ne è convinto il fisico teorico Pasquale Calabrese, docente alla Sissa di Trieste, che di recente ha partecipato a Bruxelles all’ultima Solvay Conference on Physics. Un appuntamento prestigioso: vi sono intervenuti su invito solo 50 studiosi da tutto il mondo, tra cui 4 Premi Nobel. "Il tema della conferenza Solvay – spiega Calabrese – era ‘La fisica dell’informazione quantistica’, un soggetto che ha applicazioni in diversissimi campi della scienza dall’informazione nei buchi neri ai futuri computer quantistici, passando ovviamente attraverso i sistemi quantistici standard quali dispositivi a stato solido e gas ultrafreddi". Tra i campi di applicazione dei futuri computer quantistici, c’è la crittografia. "La moderna crittografia fonda su chiavi di codifica basata sul prodotto di numeri primi molto grandi che un computer normale non riesce a fattorizzare e quindi ad hackerare la chiave – spiega Calabrese – e uno dei principali algoritmi della computazione quantistica è l’algoritmo di Shor per la scomposizione in fattori primi che è molto più ‘efficace e veloce’ di quanto potrebbe un algoritmo classico. Un computer quantistico potrebbe hackerare qualunque comunicazione classica, ma fortunatamente – continua lo scienziato – le università hanno già sviluppato la crittografia quantistica che non può essere hackerata". (ANSA).