(ANSA) – TORINO, 03 GIU – "L’ umanità davanti alla tragedia calata dall’alto, che non lo riguarda, si fa indifferente, si gira dall’altra parte, sia se si tratta di un campo di sterminio per ebrei, sia se si tratta di una città ucraina rasa al suolo. E così capita che i testimoni di quegli orrori, penso a Primo Levi, ad Edith Bruck, ai soldati italiani reduci di guerra o a me stessa, pensino di non venire neppure creduti. La gente non vuole vedere in faccia l’orrore, ecco perché ad un certo punto della mia vita ho capito che dovevo raccontare. Lo ha detto la senatrice Liliana Segre, collegata in streaming a un incontro al Festival dell’Economia di Torino, in un dialogo con Gad Lerner, ‘La memoria rende liberi’. In merito al tema del festival, l’economia declinata in tutte le sue sfumature umane, Segre ha ricordato l’"industrializzazione del lavoro nei lager". "A 13 anni, ad Auschwitz – ha ricordato – io fui molto fortunata, perché alla selezione dei gerarchi finii tra 31 donne scelte tra 600 deportati da tenere in vita per venir messe a lavorare per la Union, fabbrica che per produceva proiettili. Portavo casse pesantissime di proiettili grezzi ancora da lavorare e da allora ho mal di schiena". Ha poi parlato della difficoltà di parlare ai figli di quei momenti, di quei dettagli, "è certamente più facile parlarne con estranei", e al tempo stesso dell’ineluttabilità di testimoniare e raccontare l’orrore e le sue ingiustizie, come nel caso dell’immigrazione e delle morti in mare: "Anche in quel caso il meccanismo è l’indifferenza per quello che pare lontano. Ma come si fa a non dire nulla, a non parlarne? Sono persone che lasciano casa e affetti e rischiano la vita. Chi non ci pensa è fortunato". (ANSA).