(ANSAMed) – BEIRUT, 23 MAG – Con la morte di un uomo gravemente ferito nella devastante esplosione del porto di Beirut dell’agosto del 2020, sale a 244 il numero di persone rimaste uccise in quella che è stata classificata come una delle dieci più potenti deflagrazioni non nucleari della storia e che ha devastato un terzo della capitale libanese. Secondo l’agenzia libanese Nna, George Haddad, 68 anni, è morto dopo una lunga sofferenza a causa delle gravi ferite riportate nella deflagrazione. Haddad si aggiunge alle 239 vittime finora identificate, facendo salire a 240 il numero dei morti a cui è stato possibile dare un nome e un cognome. Rimangono non identificati quattro corpi, di tre donne e un uomo. L’inchiesta libanese sull’esplosione di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, per anni custodite nel porto, al centro della capitale libanese, è di fatto bloccata dalle misure giudiziarie messe in atto dall’oligarchia politica al potere in Libano. Il giudice Tareq Bitar, incaricato delle indagini, è stato da più di sei mesi bloccato di fatto nel suo lavoro da una lunga serie di tentativi di ricusazione presentati dagli avvocati di alcuni ex ministri e deputati. Questi sono stati accusati formalmente, assieme ai vertici di sicurezza e istituzionali, di essere stati al corrente della presenza del materiale altamente esplosivo nell’hangar numero 12 del porto di Beirut, e di aver permesso che il nitrato di ammonio potesse rimanere incustodito in quella sede, a pochi passi dal centro abitato della capitale. Nell’esplosione del 4 agosto del 2020, oltre ai 243 uccisi ci sono stati più di 6.500 feriti, molti dei quali menomati a vita, 330mila persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro case. (ANSAMed).