(ANSA) – MILANO, 20 MAG – "Si faceva leva sulle condizioni dei rider, che provenivano da situazioni disagiate, erano richiedenti asilo per motivi politici e dovevano sottoscrivere queste condizioni degradanti di lavoro, erano sottopagati e ricevevano dalle società intermediarie 3 euro netti a consegna". Così un investigatore della Gdf di Milano ha ricostruito le modalità di lavoro dei fattorini che facevano le consegne di cibo a domicilio, sentito come primo testimone dell’accusa nel processo milanese a carico della manager di Uber Italy (sospesa) Gloria Bresciani accusata di caporalato. Procedimento nato dall’inchiesta del pm Paolo Storari che il 29 maggio 2020 ha portato la filiale italiana del colosso americano in amministrazione giudiziaria, poi revocata nel marzo 2021 dai giudici della Sezione misure di prevenzione dopo il riconoscimento del percorso "virtuoso" intrapreso dalla società. I rider, ha spiegato l’investigatore che ha condotto le indagini, "sottoscrivevano una scheda in cui c’era scritto che gli importi che comparivano sull’applicazione" del servizio Uber Eats per le loro consegne "erano errati". Sulla app, infatti, "venivano visualizzati anche i rimborsi forfettari chilometrici e i bonus applicabili per le condizioni climatiche", ma i responsabili delle società intermediarie, Frc e Flash Road City, "dicevano ai rider che loro avrebbero percepito sempre e comunque tre euro a consegna". Tramite un accordo tra accusa e difesa, davanti al giudice della nona penale Mariolina Panasiti, i verbali coi racconti dei fattorini sulle condizioni lavorative sono stati acquisiti nel processo. Nel dibattimento nelle prossime udienze ne verrà ascoltato solo uno, come richiesto dalla Cgil, parte civile nel processo così come la Camera del Lavoro di Milano. (ANSA).