La sinistra salva il sindaco di Como. Sintesi estrema, ma che riassume ciò che sta accadendo a Palazzo Cernezzi.
Ieri tredici consiglieri comunali hanno presentato una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco di Como. L’accusa contenuta nel documento è chiara: Mario Lucini non è stato in grado di risolvere la vicenda delle paratie. Anzi, la situazione è peggiorata alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari.
Questo il messaggio condiviso dall’opposizione, più Eva Cariboni (Amo la mia città) e il dissidente Pd Gioacchino Favara. Tredici firme, e un quattordicesimo consigliere – Roberta Marzorati della lista Per Como – che voterà la sfiducia.
Per sfiduciare Lucini servono diciassette voti. Quindi, i promotori dell’iniziativa contro il sindaco ne cercano ancora tre. Speravano di trovare una sponda nei due consiglieri di Paco-Sel, ma l’ala più a sinistra del consiglio comunale – spesso in contrasto col sindaco – ha detto che voterà contro la sfiducia. La mozione, quindi, a meno di clamorosi ribaltoni, verrà respinta.
<Non ho alcuna intenzione di appoggiare la sfiducia – spiega Celeste Grossi, di Paco Sel – abbiamo spesso criticato questa amministrazione, soprattutto nel metodo, ma la sfiducia è uno strumento politico che non ci appartiene. Non vogliamo schieramenti o personalismi, tantomeno ci facciamo dettare l’iniziativa politica da opposizioni di destra che certo non si sono distinte per il buongoverno negli anni passati>.
Non ha dubbi nemmeno Luigi Nessi, il capogruppo, che chiama il sindaco per nome, come a sottolineare una vicinanza personale. <Non voto la sfiducia a Mario – dice – non fa parte della mia etica e del mio stile politico. Non ho mai avuto alcun dubbio>.
Fallita la sponda a sinistra, ora per l’opposizione sarà quasi impossibile trovare i voti necessari per far approvare la mozione di sfiducia.