“Stanno bene in Svizzera, in Italia ci hanno rovinati”. “Ma stai scherzando?” “Ma va allora nella Svizzera non esiste il 416 bis”. Intercettato nell’ambito delle indagini sfociate ieri nell’operazione “Cavalli di razza”, uno degli indagati della maxi inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia evidenzia i vantaggi legati all’assenza, nelle leggi elvetiche, del reato di associazione mafiosa.
Proprio le ramificazioni nella Confederazione Elvetica della criminalità organizzata sono uno degli elementi di novità emersi dall’indagine sfociata ieri nell’esecuzione di 54 provvedimenti di fermo. Le accuse sono a vario titolo bancarotta, corruzione, frode fiscale, estorsione, voto di scambio, spaccio, traffico di armi.
“Gli indagati si muovevano tra Lombardia, Calabria e Svizzera”, ha sottolineato il magistrato della direzione distrettuale antimafia Alessandra Dolci. “In Svizzera – ha spiegato – abbiamo documentato la presenza di propaggini di quello che definiamo locale di ‘ndrangheta di Fino Mornasco, che è un’emanazione di quello di Giffoni, in provincia di Reggio. Oltreconfine si muovevano con maggiore tranquillità e sicurezza, arrivando a dire che conveniva stare in Svizzera perché non c’è il 416 bis, l’associazione mafiosa”.
In territorio elvetico, gli inquirenti hanno documentato riunioni con appartenenti ai clan fino a Zurigo, attività di spaccio e anche un traffico di armi. “Abbiamo accertato anche casi di soggetti calabresi titolari di esercizi commerciali in Svizzera che hanno chiesto l’intervento e la protezione dei nostri indagati per far cessare un’attività si spaccio davanti al loro locale”, ha confermato il magistrato antimafia.
Gli accertamenti della guardia di finanza di Como e della polizia di Milano proseguono dopo l’operazione di ieri. In tema di armi, proprio nella giornata di oggi, nell’auto di uno dei fermati domiciliato in Svizzera, durante una perquisizione sarebbero state scoperte, nascoste in un doppiofondo di un’auto con targa elvetica tre pistole.