Chiara Minelli, medico alla clinica Moncucco e residente a Maslianico ogni giorno oltrepassa il confine tra Italia e Svizzera . E’ una dei tanti frontalieri che si spostano per lavoro. Molti di loro, oltre a vivere una quotidianità divisa tra due stati, hanno anche fatto il vaccino anti Covid in due luoghi differenti. Nel caso di Minelli, la prima dose l’ha ricevuta in Svizzera, a gennaio scorso. Da operatore sanitario, e per di più impiegato in un centro Covid, era stata ritenuta ad alto rischio contagio e quindi inserita nel primo turno di immunizzazione.
Il richiamo invece, Minelli afferma di averlo fatto a Milano, all’ospedale Niguarda, per ragioni organizzative. Un diritto- in quanto cittadina italiana- che però ha innescato una serie di complicazioni burocratiche, culminate con l’impossibilità di ricevere dal ministero della Salute il green pass. Pur avendo completato il ciclo vaccinale a febbraio 2021 (con doppia dose di Pfizer), il medico è rimasto bloccato in un’empasse tutta italiana. Una situazione risolta solamente con l’intervento del medico cantonale svizzero.
“Tutt’oggi invece, per il sistema italiano, io non ho nemmeno ricevuto la prima dose” spiega Minelli con anche il rammarico di essere considerata erroneamente “una no vax“. “Ho provato in ogni modo a comunicare con gli enti e le istituzioni. Ho fatto di tutto per trasferire i documenti che certificano l’avvenuta doppia vaccinazione ma ancora non ci sono novità sulla mia cartella”. Un problema, continua Minelli, non solo etico ma anche pratico. Quando infatti i cittadini verranno contattati per ricevere la terza dose, il medico Minelli non sarà annoverato nella lista italiana.